Vox Populi

 

Amo i proverbi: mi divertono sia quelli in italiano, sia quelli in uno qualsiasi dei dialetti delle Cento Città, perché, anche quando sono feroci, i detti popolari sono ironici- cioè intelligenti– e pieni di buon senso – cioè intelligenti; andrebbero conosciuti, gli intelligenti proverbi, e utilizzati come preziosi e disinteressati consiglieri per costruire un futuro migliore o, almeno, evitarne uno peggiore… Sempre che non si sia adottato il motto “Non mi date consigli, so sbagliare da me“, cosa che avviene assai spesso perché, come assai spesso accade alle persone e alle cose intelligenti, i proverbi devono purtroppo scontare la maledizione di Cassandra: essere capiti e creduti quando oramai è troppo tardi.

Naturalmente, come per ogni Sibilla che si rispetti, non è facile decifrarli: spesso sostengono tutto e il contrario di tutto.

Ad esempio, se vi rendete conto che avreste voluto-potuto-dovuto dire o fare diversamente da quanto avete detto e fatto, ricordate che “cosa fatta, capo ha”, benchè sia ugualmente vero che “non è mai troppo tardi”; e se volete sapere che tempo farà domani, tenete presente che “rosso di sera, bel tempo si spera”, ma pure che “il buon giorno si vede dal mattino”.

Queste sono solo “pinzillacchere”, per dirla col grande De Curtis: passando invece alle cose serie, come regolarsi se, che ne so?, si deve iniziare una nuova attività? Accettando l’idea che “chi fa da sé, fa per tre”, o, viceversa, che “l’unione fa la forza” (ricordando pure che per qualcuno vale “meglio soli che male accompagnati” e “poca brigata, vita beata”)?

Beh, bisogna decidere: del resto, “chi non risica non rosica” e “la Fortuna aiuta gli audaci”, stando ben attenti a “non fare il passo più lungo della gamba”. L’importante è non indugiare, perché “chi ha tempo, non aspetti tempo” e bisogna “non fare domani ciò che si può fare oggi”, dal momento che “tempus fugit”: ma ricordate che “la gattina frettolosa fece i gattini ciechi” e “la fretta è una cattiva consigliera” …

Una volta deciso il da fare procedete, incuranti di qualche invidioso che avrà da ridire sul vostro operato: sappiamo infatti che “chi va al mulino si infarina” perché “chi sa fa e chi non sa parla”,  e che “l’invidia è ammirazione malata”, “è meglio essere invidiati che compatiti” e “molti nemici, molto onore”, tanto è vero che “l’invidioso rode e l’invidiato se la gode”.

Insomma, un bel guazzabuglio in cui i proverbi vanno interpretati proprio come l’oracolo della mitologia: interpretati e rivisti alla luce dei tempi in cui viviamo.

Prendiamone due che fino a qualche anno fa amavo particolarmente: “chi si contenta, gode” e “piuttosto che niente, meglio piuttosto”; mi sembravano grondare saggezza, perché sono sempre stata convinta che “la felicità è desiderare ciò che si ha”. Si fa fatica, molta fatica, e solo pochissimi eletti riescono a raggiungere l’appagamento, ma è così.

Oggi ho cambiato idea: i tempi, i loro protagonisti, i fatti che essi stanno determinando, mi fanno guardare con sospetto a quelle parole.

Mi spiego. Viviamo, mi pare, nell’epoca del “meno peggio”, del “piuttosto che”, eccetera, cioè di Madama Mediocrità, che, per quanto ben agghindata, è una melma collosa che lasciata libera di avanzare finisce col soffocare, lentamente ma inesorabilmente, le sue grandi nemiche, cioè le sorelle Qualità, Fatica e Meritocrazia: deve eliminarle, perché se ci sono loro per lei non c’è scampo.

E’ subdola, Mediocrità, perché è silente: senza farsi troppo notare, comincia con l’occupare uno spazio piccolo e poco visibile della “stanza dei bottoni”, sembra umile e quasi fa tenerezza, ispirando negli altri un senso di protezione e fiducia. Così, mentre Qualità, Fatica e Meritocrazia si danno da fare per raggiungere onestamente il risultato migliore e magari, rumoreggiando e scalpitando per riuscirci, attirano su di sé sguardi non sempre benevoli, Mediocrità approfitta della distrazione altrui per solidificarsi: a quel punto sarà troppo tardi per scalzarla via, perché sarà passato così tanto tempo dall’ultima volta che Qualità, Fatica e Meritocrazia hanno avuto spazio, che nessuno sentirà la loro mancanza. Mediocrità regnerà incontrastata, a meno che qualche cataclisma non riesca a spezzarne la morsa.

Fuori di metafora, quanti scalzacani conosciamo che si sono silenziosamente insediati dietro le scrivanie giuste, oliando i giusti meccanismi, mettendo più di qualche scheletro nei propri armadi e riponendo tessere di ogni colore nel proprio portafogli? E che danno hanno fatto e fanno costoro, quale che sia l’ambito in cui si sono piazzati?

Perché, sapete, il mediocre è il primo a stupirsi del suo successo (è mediocre, non cretino): e allora giù bastonate fino a polverizzare chiunque possa fargli ombra, via col lanciafiamme verso chi non lo riverisce abbastanza, sotto a tramare per avere ancora di più e di più e di più, in un parossismo di avidità che supera ogni pur smodato desiderio di denaro, fama e consensi.

Vuole il Potere, ne ha vitale necessità il mediocre, che infatti cestina i dissidenti con un malevolo: “L’invidioso è un impotente incapace di rassegnarsi”. Amen.

Questa è la società che vedo e non mi piace… Però, quando lo dico molti citano altri proverbi: “Questo passa il convento” e “ O ti mangi questa minestra, o salti dalla finestra”. Insomma, “Mettiti il cuore in pace, fattene una ragione”, tanto per citare anche qualche frase fatta.

Allora no, scusate, tornando al “chi si contenta” io non mi accontento, perché se lasciamo silenziosamente spazio a certi mediocri a godere saranno solo loro- che “si lodano e si imbrodano” anche se “fanno tanto fumo e poco arrosto”; saranno sempre loro a stabilire, cucendoli su se stessi, i nuovi standard di qualità, saranno loro a fare avanzare il “meno peggio”. Vinceranno su tutto il campo perché, come dice il proverbio, “nel paese dei ciechi, l’orbo è re”. Dei cortigiani e parassiti che li incenseranno, svendendosi per uno o più succulenti bocconi, ho già scritto altrove.

A chi questi scalzacani vota, sia che si tratti di decidere il vincitore del Festival di Sanremo o a chi affidare il futuro del nostro Paese (cioè il nostro e quello dei nostri figli), così come a coloro che, per ragioni varie, arrivano alla scelta comprensibile – ma per me non condivisibile – di astenersi dalle Urne permettendo ai suddetti di usare il loro silenzio come assenso, dico che “bisogna pensarci avanti per non pentirsi poi” e ricordo un altro proverbio: “chi è causa del suo mal, pianga se stesso

… Anche se so che, tanto, “l’erba cattiva non muore mai”…

Canzone consigliata: Sì, a commento ci vorrebbe proprio “L’erba cattiva” di Emis Killa, ma non la condivido del tutto, per cui viro, con poca originalità ma piena convinzione, sulla purtroppo sempre attuale “La decadenza”, di Ivano Fossati.

G.P.

About Giancarla Paladini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *