“L’inganno dell’ippocastano”: chiacchierata con Mariano Sabatini

marianosabatini-6bc70a977a82dd57e1c72bef5b9861a2-240x240[1]Mariano Sabatini, “L’inganno dell’ippocastano”, Salani Editore

2016

pagg 335

€ 14,90

 

 

 

Me ne aveva parlato tempo fa: “Sto scrivendo un romanzo”.

La voce emozionata e i dichiarati timori per il suo prossimo debutto nella narrativa, per di più di genere, Mariano Sabatini mi confidava di essersi deciso a questo passo confortato anche dalla fiducia di un editore importante come Salani. Una modestia, questa di Sabatini, che gli fa solo onore – come gli ho detto all’epoca della nostra conversazione: “Sei un giornalista e un critico televisivo e letterario intelligente e preparato, e scrivi molto bene; di libri interessanti ne hai pubblicati parecchi: che paura hai?”. “E’ che mi fa un po’ effetto immaginarmi come l’autore di un romanzo… E’ un giallo: speriamo piaccia…”.

Il libro ora è uscito e, come volevasi dimostrare, è piaciuto anche a chi, come la sottoscritta, ha avuto il privilegio di leggerlo in anteprima.

Nel romanzo c’è tutto quello che un lettore si aspetta da un noir: la trama, l’ambientazione, il ritmo, la descrizione dei caratteri e un protagonista che, ne siamo certi, è solo all’inizio di una lunga carriera “letteraria”.

Leonardo Malinverno è un giornalista di successo, autore di inchieste “scottanti”, come si dice in gergo: bello, bravo, onesto e appassionato di belle donne, non pensa minimamente di improvvisarsi detective in un caso di omicidio, ma deve farlo perché, per una pura coincidenza, a scoprire il cadavere dello spregiudicato (e potenzialmente pregiudicato) imprenditore Ascanio Restelli è la sua collega e amica Viola Ornaghi. La giornalista era stata inviata dal suo giornale a intervistare la vittima, fresco e potente candidato a sindaco di Roma.

Inutile dire che Malinverno risolverà il caso, ma certamente va aggiunto che tutta la vicenda serve a Sabatini anche per raccontarci le sue impressioni sui tempi che viviamo: editoria, televisione, politica, malaffare, ma anche affetti familiari, amicizia, amori e passioni, passano nelle sue pagine non secondariamente rispetto alla trama vera e propria.

E non è tutto.

Sabatini ha pensato il romanzo quando le inchieste di “Mafia capitale” e le polemiche sulle candidature a sindaco di Roma erano di là da venire, eppure ecco che, per pura coincidenza, il romanzo esce proprio quando queste vicende riempiono le pagine dei giornali: insomma, da attento giornalista quale è, Sabatini è “sul pezzo” anche senza averlo premeditato!

E può, Mariano, giustamente appuntarsi al petto come una importante medaglia la bella e intelligente presentazione del suo libro scritta dal grande Maurizio De Giovanni: “Occhio, Malinverno, perché ad addentrarsi nelle tenebre puoi trovarti di fronte a qualcosa di terribile: il futuro. Occhio alla scrittura di Mariano Sabatini, perché dimostra che il romanzo nero italiano è qualcosa di enorme, e ha pure inquietanti doti di preveggenza”.

L’Autore:

Mariano Sabatini, nato a Roma nel 1971, è giornalista e scrittore. Dagli anni Novanta ha lavorato per quotidiani, periodici e web, curando rubriche e scrivendo pezzi di attualità, cultura e spettacoli. È stato autore per TMC e per la Rai (Tappeto volante, Parola mia, Uno Mattina) e poi temuto critico televisivo, ma gli riesce ancora difficile spiegare alle figlie che sta lavorando quando siede davanti al televisore. Ha ideato e condotto rubriche su radio nazionali e locali, e come commentatore è molto presente sui grandi network. Ha scritto diversi libri, tra i quali Trucchi d’autore, Ci metto la firma, È la Tv, bellezza!, L’Italia s’è mesta, ma questo è il suo primo romanzo. In casa scrive e cucina, avendo però il sospetto di essere più apprezzato come cuoco.

 

Ecco l’intervista a Mariano Sabatini, il cui sonoro trovate in altro, nella sezione audio della pagina.

Canzone consigliata: ” Stompin’ at the Savoy”, Benny Goodman

Giancarla: Mariano, sono molto felice di chiacchierare con te, non solo per il puro piacere di farlo, ma anche perché ti ritrovo in una nuova veste che, secondo me, ti si attaglia perfettamente: quella dello scrittore di narrativa.

Mariano Sabatini: Grazie…Sì, questa che inizia è per me una nuova avventura e spero duri a lungo. Come sai, perchè noi due già da anni ci siamo incontrati professionalmente, questo non è il mio primo libro, è il mio primo romanzo: ho scritto altri sei libri di carattere giornalistico/saggistico, in cui facevo il mio mestiere di giornalista e chiedevo a chi ne sapeva più in argomenti secondo me interessanti. Ho scritto un libro con Mario Monicelli, poi ho scritto dei libri sui “Trucchi d’Autore”, che hanno avuto un grande successo, in cui chiedevo a cento scrittori il loro metodo di lavoro; ho scritto un libro sulla gavetta dei giornalisti più famosi (“Ci metto la firma!”); ho scritto un libro su come ci guardavano e ci giudicavano i giornalisti stranieri (“L’ Italia s’è mesta”) e poi un libro che considero un po’ riassuntivo del mio lavoro di critico televisivo, “E’ la tv, bellezza!”. Questo per dire che, prima di avvicinarmi al romanzo, c’è stata una lunga marcia, perché non ci credevo neanche io, per primo: per scrivere “L’inganno dell’ippocastano” ho impiegato tanto tempo, non perché mi fosse difficile fronteggiare questa nuova scrittura e forma di espressione, la narrativa, ma perché ho dovuto combattere contro me stesso. Noi siamo i primi nemici di noi stessi: in questo senso, è stato difficile.

G.: Va bene: ritorneremo sull’argomento. Però intanto – Mariano, tu lo sai- di solito lascio all’Autore il compito di riassumere la trama del suo libro, specie se si tratta di un giallo. Così, non è che ci vorresti  raccontare …”qualcosininina”?

M.S.: Ma certo, anche se non è semplice per chi scrive narrativa di genere (noir, giallo, come vuoi chiamarlo, anche se il termine è un po’ improprio: solo noi, in Italia, chiamiamo questa narrativa giallo, perché i “Gialli Mondadori” avevano la copertina gialla e adesso qui in Italia tutto è giallo). In realtà, “L’inganno dell’ippocastano” è sostanzialmente un noir, che ha come protagonista questo collega – perchè Leonardo Malinverno è un giornalista – famoso per le sue inchieste; è un giornalista-scrittore che ha avuto molto successo con un libro intitolato “Le vie dell’oro”, in cui indaga il fenomeno dei “compro-oro”, dietro i quali ci sono commercianti onesti, ma anche commercianti disonesti. Malinverno lavora per il quotidiano della Capitale, “Il Globo” viene coinvolto dall’amica Viola Ornaghi nell’indagine per la morte di Ascanio Restelli, un famigerato palazzinaro, un imprenditore edile “in odore di mafia”, che viene ritrovato nella sua villa alle pendici di Monte Mario, la collina che domina Roma, con la gola squarciata e due buchi al posto degli occhi. L’immagine è splatter, ma questa morte lui in qualche modo se l’è meritata e avrete tutto il romanzo per capire come se la sia meritata. Il romanzo, come dicevo, è un noir e so dalle reazioni di chi lo ha letto che non è facile individuare il colpevole…

G.: Confermo!

M.S.: …Ecco! Tu lo hai letto in anteprima e sei stata molto gentile a dirmi che ne pensavi…E’ molto difficile individuare il colpevole, però vi posso dire che Ascanio si meritava quello che gli è successo. Ci sono altre morti, nel corso del romanzo, però il meccanismo del giallo è il pretesto per parlare di molto altro: … a partire dal titolo che, come sai, è emblematico, è significativo.

G.: Ci sono tante cose da dire su questo romanzo, a cominciare, come tu dicevi, dalla “storia”. Il grande Maurizio De Giovanni, nella sua presentazione del libro, parla addirittura di “preveggenza” per gli incroci, che ci hai già anticipato, fra politica, malavita – magari “organizzata”: addirittura si parla delle elezioni del nuovo Sindaco di Roma. Sembra davvero che tu abbia la sfera di cristallo!

M.S.: Sì, è vero…Ma lasciami intanto dire che mi ha fatto molto piacere quello che ha scritto De Giovanni del romanzo, lasciami un po’ vantare, perché ha scritto: “Occhio alla scrittura di Mariano Sabatini, perché dimostra che il romanzo nero italiano è qualcosa di enorme”; ecco, dicendolo provo un brivido e arrossisco, però, visto che l’ha scritto… vantiamoci! Per quanto riguarda la “preveggenza”, beh, ti dicevo prima della difficoltà di scrivere questo romanzo, difficoltà soprattutto nel superare me, le mie reticenze, le mie remore. Io ho intervistato cento scrittori sul loro metodo di scrittura: molti mi hanno parlato della cosiddetta “scrittura automatica”, di una specie di trance in cui si cade scrivendo, e io dicevo “Vabbè, queste sono le mitologie personali applicate al proprio mestiere; devo dire, invece, che ho sperimentato questa scrittura in trance, perché dalla seconda parte in poi il romanzo si è scritto da sé e mi accorgevo che i personaggi mi suggerivano il passo successivo, la frase significativa. Anche dal punto di vista della trama, ben prima che accadessero i fatti di “Mafia Capitale” e ben prima che scoprissi che a Roma saremmo rimasti senza Sindaco e che ci sarebbe stata la battaglia per le candidature, io ho fatto sì che Ascanio Restelli fosse uno che si stava per candidare a Sindaco per la città di Roma, con tutte le implicazioni giudiziarie e criminali che lo riguardano. Per cui…sì, devo dire che sono stato preveggente!

G.: …Chissà se funziona anche con la schedina?! Dobbiamo parlarne, Mariano!

M.S.: Eh, magari…!

G.: Va bene. Ma ritorniamo seri: in questo libro, tu parli tanto di giornalismo. Il protagonista e la co-protagonista, così come altre figure importanti del romanzo, lavorano nell’ambito dell’informazione; il libro è insomma anche un pretesto per ragionare sul nostro mestiere, su quello che succede soprattutto in certe “stanze dei bottoni”. Quindi ti chiedo: fuori di metafora, come stanno andando le cose nella professione giornalistica, secondo te?

M.S.: Sì, “L’inganno dell’ippocastano” contiene anche una riflessione sulla professione del giornalista, che, come ricordavi, è quella dei due protagonisti. Dico “due protagonisti”, perché l’altra è Viola Ornaghi, una donna complessa, fascinosa e sfuggente come una gatta che vuole farsi accarezzare però poi si ritrae: Malinverno è molto affascinato da lei, come è ovvio perché le donne gli piacciono molto. C’è l’assedio intorno all’omicidio di Restelli del “branco”, come lo definisce Malinverno, dei cameramen, dei fotografi, dei reporter, che stanno lì e vogliono sapere. Lui è un privilegiato, perchè si trova sul luogo del delitto, chiamato da chi il delitto ha scoperto, cioè Viola Ornaghi, che avrebbe dovuto intervistare Restelli: la sua, sarebbe stata l’intervista per ufficializzare la sua candidatura a Sindaco. Malinverno li osserva con un po’ di fastidio e soprattutto osserva con fastidio le persone comuni che, richiamate dalla massa di giornalisti, sono lì per “vedere”, per esprimere la propria morbosità intorno alla cronaca nera; e poi è infastidito dai continui inviti in televisione, perché tutti lo vorrebbero a dare la sua opinione su qualcosa che non sa quali sviluppi avrà. Questi sono il giornalismo di oggi e la televisione di oggi, un continuo sguazzare nel sangue, e questo è anche il motivo per cui io amo questo genere narrativo: non so se continuerò a scrivere noir o mi rivolgerò ad altri generi, però lo amo molto perché mi sembra che permetta di riflettere sui nostri tempi, sull’attualità e andare anche oltre, come dimostra il giudizio di De Giovanni sulla preveggenza. Poi c’è anche da dire che la narrativa noire è consolatoria, perché tutto si risolve, come ne “L’ inganno dell’ippocastano” nell’arco di trecento pagine e di poche ore di lettura. Invece, nella vita reale assistiamo a quella che io avevo chiamato la “scazzeide”: i delitti diventano storie epiche, infinite, spesso senza la possibilità di assicurare alla giustizia i colpevoli. Questi casi di cronaca nera sono- come dire?- profittevoli per molte figure professionali: criminologi, psichiatri e, appunto, giornalisti, che hanno molto pelo sullo stomaco e stanno lì a dire la loro, anche se la loro opinione vale quanto quella dei passanti che danno vita al cosiddetto “turismo macabro” (una cosa che fa venire i brividi: recarsi sui luoghi del delitto). E allora, viva la narrativa gialla, che nel giro di poco tempo ci fa scoprire il colpevole e, in qualche modo, ci regala il “lieto fine”!

G.: Quindi, mi pare di capire che ci si debba rifugiare altrove perché, anche per come viene raccontata, la realtà non è che sia proprio il massimo. Tutto sommato, dunque, il protagonista Malinverno rappresenta lo stereotipo dell’eroe  senza macchia e certamente senza paura; stiamo pur sempre parlando di un giornalista d’inchiesta. Quindi tu salvi una parte della purezza del nostro mestiere, sia pure con tutti i “lacci” che, appunto nelle stanze dei bottoni, vengono stretti intorno all’informazione stessa: insomma, paradossalmente, sei ottimista?

M.S.: Questa è una domanda bellissima, una riflessione bellissima. C’è un doppio binario, quello della realtà, che riguarda l’Autore Sabatini, che considera la narrativa un’àncora di salvezza, perché sono molto deluso dalla professione di giornalista e penso che il giornalismo stia morendo, e poi c’è il canale “consolatorio”, come dicevo, della dimensione letteraria e narrativa che mi fa essere ottimista e mi fa mettere in scena un protagonista positivo:non un cattivo, non uno dei soliti protagonisti cialtroni della narrativa di genere in cui i commissari devono essere avvinazzati, o tabagisti, o indulgere nelle droghe, o che fanno del male, che lo perseguono. Malinverno è un protagonista positivo, è un eroe, come dici tu, e io penso che le persone buone, capaci, come fa lui a un certo punto della storia, di staccare un assegno perché si rendono conto di avere a che fare con una umanità derelitta, marginale, spinta ai confini della tollerabilità, siano personaggi più sfaccettati e meno prevedibili; un cattivo lo sai che è cattivo, un buono ti può sempre sorprendere. Malinverno è un personaggio positivo, come giornalista e come uomo: ha solo il debole per le donne, ma imparerà che questo è un debole a sue spese. Io sto pensando a nuove storie e lo attende un percorso sentimentale accidentato, che gli insegnerà che, prima o poi, bisogna passare per la sofferenza. E’ un uomo leggero, è… come io non sono: è il più dissimile da me possibile. Io vorrei essere come lui, vorrei avere sempre a portata il sorriso, vorrei avere la battuta pronta e la leggerezza con cui attraversa le vicende private e professionali: io imparerò a essere come lui e lui, magari nel tempo, imparerà a essere un po’ meno superficiale, più ponderato e profondo. Vedremo.

G.: La mia impressione – tu lo sai, perché te ne ho parlato- è stata di piacevole sorpresa. Detta così, potrebbe sembrare riduttivo nei tuoi confronti e non lo è, naturalmente, ma stiamo pur sempre parlando di un romanzo di esordio e dunque di un protagonista nuovo di zecca: beh, ho trovato che Malinverno sia già assolutamente definito. E’ “lui”: non so in che modo sia arrivato nella tua mente e nelle tue parole, però non ha bisogno di ulteriori ritocchi, cosa che non avviene con tutti i personaggi, anche i più grandi, della letteratura di genere.

M.S.: Quello che dici mi fa molto piacere e, come sempre sono le cose che dici tu, è una riflessione tornita ed esatta, rotonda. Io, con Leonardo Malinverno – Leo, per gli amici – sono stato insieme tanto tempo, l’ho incubato, ci ho pensato tantissimo prima di metterlo su carta, per cui, nella mia immaginazione e nei miei sogni, lui ha un volto ben definito: in una ipotetica trasposizione cine/televisiva io so chi potrebbe essere Leonardo Malinverno, non soltanto per le caratteristiche fisiche, che pure sono quelle, ma anche per la corrispondenza caratteriale di cultura e di sensibilità. Sebbene non si tratti di un attore romano come Malinverno, io lo so chi è, è “lui” e se vuoi te lo dico!

G.: Magari! Non osavo chiedertelo!

M.S.: Spero che mi ascolti e che accetti questa sfida professionale. Io ho una grande stima per Luca Argentero. Molti salteranno sulla sedia sentendo questo nome, ma io penso che, malgrado gli esordi inconsueti (è partito dal “Grande Fratello”), sia diventato un bravo attore. Soprattutto, è l’attore che potrebbe meglio di tutti interpretare Leonardo Malinverno, perché ha quel tanto di scanzonato, di leggero, quell’atteggiamento di resilienza che è la caratteristica fondamentale di Malinverno, che riesce a trasformare in elementi positivi qualsiasi accadimento – e nel libro ce ne è anche uno drammatico che lo riguarda-, qualsiasi sia il gradiente depressivo di quello che gli accade, in qualcosa di positivo; lo considera una sfida e un superamento di sé. Argentero saprebbe interpretarlo molto bene.

G.: …Sai che la penso come te?

M.S.: Mi fa piacere, mi fa molto piacere!

G.: Bene, allora diciamo che Malinverno è a tua immagine e dissimiglianza, però siete già grandi amici e questo è molto positivo anche per noi lettori.

M.S.: …Ah, questo è bellissimo! Ci tengo a dirlo: anche questa era una cosa che io, parlando con gli scrittori, non concepivo, ma … io sono continuamente con lui; anche quando non scrivo, io penso sempre a che cosa Malinverno farebbe, direbbe, a come reagirebbe a un fatto e quindi…sì, hai ragione, siamo amici. Per me è una cosa nuova, perché non ho mai avuto un amico così, e la considero un privilegio.

G.: Però è già anche amico nostro, di noi che abbiamo già avuto la fortuna di leggerti, e lo sarà anche di tutti gli altri che spero questa fortuna vorranno procurarsi. Mariano: in bocca al lupo e… a prestissimo, spero!

M.S.:  Lo spero anche io, perché questo libro è pubblicato da Salani, cui mi lega un contratto quinquennale: quindi spero di scrivere almeno altri due o tre “ Malinverno” e di proporli alla vostra attenzione.

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