I Perdenti
Li individui subito, i Perdenti. Il linguaggio del corpo li mostra per ciò che sono: arresi. Le spalle spesso curve, lo sguardo che difficilmente regge quello degli altri, il costante desiderio di conciliazione e il terrore delle discussioni dicono che i Perdenti si sono arresi alla vita, da cui oramai non si aspettano nulla se non nuovi problemi, difficoltà, delusioni. Le fatiche che hanno dovuto sopportare negli anni sono state direttamente proporzionali agli sforzi profusi per fare ciò che ad altri sembrava riuscire facilmente. Diventare ricchi? Famosi? Potenti? Ammirati? No: a loro sarebbe bastata semplicemente un po’ di quella tranquillità che deriva da una autonomia economica bastevole a non dipendere da nessuno, e incontrare qualcuno che li amasse per quello che sono, cioè persone semplici.
Sorridono con la bocca amara quando sentono gli altri – i Vincenti- pronunciare quella frase tanto idiota quanto crudele: “Se davvero vuoi qualcosa, allora la avrai”. Sorridono amaro e nemmeno cercano più di spiegare che loro sono Perdenti, non mediocri: al contrario, quelle che avrebbero voluto raggiungere nella vita e per cui hanno lottato fino allo stremo (amore, appagamento, salute, serenità) sono mete ambiziosissime. Niente che il denaro e il potere possano dare, perché la bramosia di successo, di possesso e di sopraffazione non è mai sazia. E poi sanno bene che chi, non sempre senza merito, ha “sfondato”, il più delle volte considera accessori gli incontri e i favori che la Vita (il Fato? Il destino? Il Caso? Altri ancora?) ha loro concesso, insistendo sul valore dell’impegno personale, della vocazione al sacrificio, dell’audacia di certe scelte e guardando i Perdenti con un certo senso di pietà, se non di vero disprezzo. “La fortuna aiuta gli audaci”, “Chi non risica, non rosica”, “Aiutati che il Ciel ti aiuta” e via andando, i Vincenti declamano come se avessero capito tutto della vita. Invece ad aver capito tutto sono loro, i Perdenti, e lo sanno bene: farebbero volentieri a meno di tanta saggezza, che malgrado i loro sforzi non li aiuta ad accettare la Sconfitta, e si limitano a pensare (solo pensare: di discutere con chi non può capire non hanno più né la voglia, né la forza) che invece sono “cornuti e mazziati” e “al danno si sono aggiunte anche le beffe”; tacciono, perché se dicessero a voce alta questo pensiero troverebbero il Vincente di turno pronto a stigmatizzare “Basta vittimismo, basta autocommiserazione! Rimboccati le maniche, reagisci, osa, come ho fatto io, e vedrai che ce la farai!”.
Tacciono e sorridono amaro, pensando a quella vecchia canzone che dice “Non puoi capire i Perdenti col tuo culo, amico mio”.
Giancarla Paladini