Andrea Barretta, “Tutto e nulla cambia – La cultura post-moderna dell’effimero”
(ab/arTe Ed)
2017
pagg 160
Andrea Barretta, “Tutto e nulla cambia – La cultura post-moderna dell’effimero”
Il giornalista osserva la realtà, la documenta e la racconta al lettore; l’editorialista la commenta; il cittadino, preso atto della realtà documentata e commentata, adotta una posizione ben definita sulle problematiche considerate, assumendosi la responsabilità che deriva dalla sua scelta: quando queste tre figure si riuniscono in un’unica persona è possibile che nasca un libro come quello del quale ci stiamo occupando.
“Tutto e nulla cambia – La cultura post-moderna dell’effimero” (ab/arTe Ed) è in effetti un florilegio degli editoriali che il suo Autore, Andrea Barretta, ha scritto nel corso di una lunga carriera di giornalista ed editorialista, dando voce alla sua forte sensibilità sociale in qualità di comunicatore ma, anche e soprattutto, di cittadino attento al mondo che lo circonda. Non assume nessuna posizione di comodo, Barretta, analizzando ciò che oggi attanaglia il mondo intero, dal terrorismo al femminicidio, dalla ingiustificabile estrema povertà dei più deboli, in Italia e nel mondo, alla scelta doverosa di agire in prima persona per contenere la dilagante decadenza della società. Poliedrico, impegnato su più fronti (è giornalista, scrittore, poeta, gallerista, critico d’arte e mille altro cose ancora), nella sua visione della società post-moderna in cui viviamo e nel racconto che ne fa Andrea Barretta è spinto anche dalla sua forte aderenza al pensiero cattolico, che gli impone di alzare la voce quando ritiene che le cose – anche quelle pubbliche – non funzionino; lo fa negli editoriali qui raccolti che, pur essendo attualissimi, sono stati scritti anni fa (e la cosa appare incredibile persino a lui). Il titolo – amaro ma, come tiene a precisare Barretta, non pessimista – nasce proprio da questa constatazione. In questa immutabilità non certamente positiva, Barretta torna a sottolineare come la memoria dell’ieri debba essere motore propulsivo dell’oggi nell’interesse di tutti, ma specialmente dei più giovani, che rischiano altrimenti di impantanarsi in un mondo in cui trionfano personalismi e disonesti tornacontisti: è proprio per gridare contro questo immobilismo morboso e venefico che Andrea Barretta ha pubblicato, con passione accesissima, questa raccolta di editoriali.
“Tutto e nulla cambia”, insomma, è, come scrive l’Autore, “un richiamo alle coscienze” che in molti, a giudicare dai consensi che il libro sta riscuotendo, hanno ascoltato: del resto, pensare con la propria testa senza subire lavaggi del cervello è – o dovrebbe essere – la naturale aspirazione di ogni essere umano… specie di questi tempi.
L’AUTORE
Andrea Barretta è giornalista e scrittore, editorialista, saggista, poeta, grafico creativo, critico e curatore d’arte. Organizzatore di eventi culturali, è direttore artistico della “Galleria ab/arte” di Brescia e autore di numerose pubblicazioni, fra cui per la saggistica, “Quo vadis?” (2006), finalista al Premio “L’Autore” di Firenze, “Pellegrini anno Mille” (2009), le raccolte di poesie Riflessioni (1979), “Si fa sera” (1981), “Silenzi” (1993), con una introduzione di Italo Alighiero Chiusano, e “Il lavacro del silenzio” (1995). Nel 2014 pubblica “L’arte, la bellezza e il suo contrario”, vincitore del Premio Metauros 2015 per la saggistica. Nel 2017 pubblica “Tutto e nulla cambia. La cultura post moderna dell’effimero”.
Ecco l’intervista ad Andrea Barretta, il cui sonoro trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.
Canzone consigliata: “Girotondo intorno al mondo”, Sergio Endrigo.
Giancarla: Andrea, da quanto tempo ci conosciamo?
Andrea Barretta: Da molto: non ricordo la data esatta, ma se anche la ricordassi, visto che si parla di tantissimi anni fa, nemmeno la direi… Da tanti anni, diciamo così!
G.: Eppure fino ad ora non ti avevo mai intervistato: lo faccio, e con piacere, in occasione della pubblicazione del florilegio dei tuoi editoriali, pubblicati nel corso di una quindicina di anni e che hai riunito in poche e direttissime pagine, in cui appari per tutto quello che sei stato da quando ti ho conosciuto ad ora, critica d’arte e direzione di una galleria comprese, ma sei soprattutto un cittadino che guarda alla sua società facendo la sorprendente affermazione che troviamo fin dal titolo.
A.B.: Ho scritto i miei editoriali fin dall’inizio della mia esperienza come direttore responsabile di alcuni periodici: li ho tenuti da parte e quando, poco tempo fa, mi è capitato di rileggerli mi sono meravigliato moltissimo, perché mi sono reso conto che molti dei temi che avevo trattato anni fa sono ancora attualissimi, ancora se ne discute. Quindi mi sono detto: “Se quello che ho scritto dieci anni fa è ancora attuale, tutto e nulla cambia”; da lì è nato il titolo del volume.
G.: La prima cosa che ti indigna è l’indignazione degli altri, che si limitano alla lamentela senza far nulla per cambiare le cose: tu, al contrario, ti sei anche “compromesso”, nel senso che non hai avuto paura di agire persino per vie legali contro situazioni importanti anche a livello istituzionale, che non condividevi. Se volessimo fare una specie di catalogazione dei grandi mali del nostro tempo, quale sarebbe, secondo te, il peggiore?
A.B.: Il peggio del peggio è il “potere”, cioè tutto ciò che vuole obbligarci ad uno stile di vita: a cominciare dalla televisione, dalla pubblicità, dai mass media… Il peggio del peggio sta nel volerci far credere che tutto quello che ci circonda sia una metamorfosi inevitabile: piano piano ci obnubilano, ci fanno il lavaggio del cervello per farci credere che quello che loro propongono sia “la verità”, sia il giusto modo di vivere, e che al di fuori di esso non possiamo trovare altro. La cosa peggiore è che il potere finanziario, economico, politico, ci conduce verso un infinito burrone senza che il popolo se ne accorga: alla fine la massa non sa più che cosa fare, in molti avvertono un forte disagio ma non sanno come uscirne. Il giornalista che tratta argomenti sociali con l’occhio del cronista vede e descrive la situazione, anche leggendo fra le righe, e lo scrittore analizza e racconta: è quello che ho fatto in questo libro e che faccio da anni parlando di temi (sociali, ma non solo) ancora attualissimi. “Tutto e nulla cambia” da decenni: la fame nel mondo, le povertà, la politica collusa e corrotta, i conflitti di interesse, i femminicidi (di cui già scrivevo molti anni fa) … Tutto si incancrenisce e sembra che non ci sia via d’uscita. Qualcuno mi ha detto che in alcune righe di questo libro sono stato pessimista: non è così, perché per carattere sono ottimista e vedo sempre la luce in fondo alla strada… ma l’importante è riuscire ad arrivare a questa luce!
G.: Sai che si dice che un libro non andrebbe mai giudicato dalla copertina: io non sono d’accordo. Credo che la copertina sia utile e, nel tuo caso poi, necessaria: del titolo abbiamo già detto, ma c’è da considerare anche l’immagine. La copertina (come potete vedere dall’immagine che abbiamo allegato a questa intervista) rappresenta il pianeta Terra che “stringe la cinghia”; i colori dominanti, carta da zucchero e avorio, in questo mappamondo sono fra loro invertiti, cioè dovrebbero essere blu mari e avorio le terre emerse, ma, ribaltandoli, è come se ci dicessi che stiamo guardando la realtà come allo specchio: è così?
A.B.: Esatto. La società sta deteriorandosi e le nostre democrazie e la nostra idea “occidentale” di progresso sono in un teatro in cui si rappresentano commedie: nel tempo che avanza tra le metamorfosi come un gambero (perché andiamo all’indietro, non in avanti, per cui, appunto, “tutto e nulla cambia”), in un’epoca di confusione, malessere e lacerazione, l’ordinaria necessità diventa una prova di sopravvivenza cui siamo sottoposti ogni giorno. Il sottotitolo del libro è “La cultura post-moderna dell’effimero” perché l “effimero” ci sovrasta. Per esempio, non esiste più la politica “per la città”: chi detiene il potere non si sveglia col pensiero della res publica, ma con ben altri obiettivi che non sono certamente quelli di andare in aiuto del popolo che sta amministrando. Per questo arriva “l’effimero”, le feste di piazza: succedeva anche nel Medio Evo, quando il feudatario una volta l’anno imbandiva nella pubblica piazza la tavola e il popolo era contento. Oggi si fa ancora così e per questo chiudo il volume con l’espressione latina “Panem et circenses”, che riassume quello che oggi il potere dà al cittadino, dimenticandosi che c’è gente che non arriva a fine mese, che va a rovistare nella spazzatura per cercare del cibo, che la sera va a dormire con una tazza di latte e un pezzo di pane perché non si può permettere altro e magari sta al freddo, perché non può pagare il riscaldamento… (I governanti ) Dimenticano, per esempio, che la città è sporca, dimenticano quello che i nostri padri ci hanno consegnato, e quindi chiese e monumenti sono abbandonati a se stessi … : sto parlando in generale, non mi riferisco ad una città in particolare, ma il risultato è che intorno a noi non abbiamo più la “Bellezza”. L’artigiano medievale, pur essendo analfabeta, riconosceva nei quadri di Giotto la storia della sua fede: oggi abbiamo perso questa capacità perché esiste un “sistema”, anche nel mondo dell’arte, che vuole farci credere che siano “arte” le bruttezze che ci propongono. Bisogna gridare forte che non è arte e che non si possono sublimare le bruttezze. La nefandezza è nefandezza: chi nell’arte propugna la nefandezza va lasciato al suo destino, che è quello dell’oblio.
G.: … Ma tu parti da un punto di vista privilegiato, visto che da sempre “mastichi” cultura, mentre mi pare che oggi ci sia una dilagante ignoranza (e la parola “ignoranza” non deve essere presa come una offesa): non c’è la volontà di informarsi, ci si accontenta del “si dice” e così viene a mancare il discrimine che permetterebbe di non cadere nella trappola alla quale ti riferivi prima. E allora vorrei farti una domandina facile-facile: qual è, secondo te, il ruolo dell’intellettuale nella società attuale?
A.B.: Prima vorrei dare il nome alla trappola: è il “mercato”. Il profitto è giusto e anche Gesù Cristo diceva che “la giusta mercede va data a tutti, anche a Cesare”: però c’è profitto e profitto. Quando il profitto offre nefandezze, allora non ci stiamo! Per nefandezze intendo il non capire, ad esempio, che ancora oggi nel mondo ogni cinque minuti un bambino muore di fame, mentre (in nome del profitto: n.d.r.) ci sono industrie che continuano a produrre e buttano via anche i loro prodotti! Non possiamo parlare di “cura dell’infanzia” quando ci sono – e devo per forza essere chiaro – europei che partono per andare a letto con bambine e bambini! … Non possiamo oscurare questi fatti, non può esistere oggi ancora la povertà mentre noi buttiamo ogni giorno tonnellate di alimenti! Che cosa può fare l’intellettuale davanti a tutto questo? Prima di tutto deve essere onesto, coerente e sorretto dall’etica, che oramai sembra perduta; in uno degli editoriali del libro, trattando questo argomento, avevo scritto: “C’è un virus che uccide l’Etica”, perché sembra quasi che nessuno la riconosca più. Quindi il ruolo dell’intellettuale oggi è quello di gridare e scrivere di queste cose, sfruttando ogni occasione per farlo, come sto facendo adesso con te: e ti ringrazio per questa intervista.
G.: … Tu ci metti proprio l’anima, vero?
A.B.: Sì, ci metto l’anima, la passione… E arrivo anche a commuovermi… Perché in ogni cosa che faccio penso sempre a chi si trova nel bisogno… Io ringrazio Dio perché, pur non essendo ricco, riesco ad andare avanti bene, ma non posso non pensare a chi non ha nulla… Mi sono occupato del problema dell’immigrazione quando il fenomeno era ancora all’inizio, raccomandando che si trovassero da subito delle soluzioni: “Altrimenti si va a finire male”, ho scritto. E infatti stiamo andando a finire male. Io sto con Papa Francesco e altri intellettuali quando dicono che se è giusto dare accoglienza, accogliere non significa tenere gli immigrati a dormire sotto i ponti: questo non è accogliere, è fregarsene del prossimo! A questa gente bisogna dare gli strumenti per poter vivere con dignità. Già dieci anni fa scrivevo che l’Europa può accogliere i migranti: ha la forza economica per farlo, solo che manca la volontà e si preferisce tenerli sotto i ponti. E allora, se non li si vuole accogliere, piuttosto si vada nei loro Paesi di provenienza a costruire scuole e industrie, a incentivare l’agricoltura: si può fare anche nel deserto! Se nessuno lo farà, avremo sempre più questo flusso di migranti verso l’Europa e non possiamo tenerli sotto i ponti. Pensa alle case farmaceutiche, per esempio, che producono medicinali contro le importanti malattie che attanagliano l’Africa del Sud e hanno fatturati da miliardi di dollari: ma perché non forniscono gratuitamente a queste popolazioni i vaccini? Invece se ne occupano le organizzazioni di volontari, che chiedono alla gente un contributo per acquistarli. Io rispondo a tutti, ovviamente, ma mi chiedo perché queste organizzazioni debbano preoccuparsi di raccogliere denaro per comprare i vaccini per i bambini e non quaderni, per esempio: anzi, nemmeno quelli, perché l’istruzione dovrebbe essere un diritto. Sarebbe bello che ci potessero chiedere denaro – perché no? – per farli andare al cinema, per qualche attività ludica…! Ci sono tante industrie che potrebbero mandare container di matite e quaderni e le industrie farmaceutiche potrebbe spedire siringhe, vaccini: davvero è impossibile? Eh, no, eh no!
G.: Ho un’ultima domanda: chi, secondo te, dovrebbe leggere questo libro? O, se preferisci, chi vorresti lo leggesse?
A.B.: Soprattutto chi ha voglia di conoscere e di capire, e vuole ascoltare una voce libera che non si lascia catturare né dalla politica, né da quella società che vuole soffocarci in nome del proprio tornaconto, e chi vuole documentarsi su alcuni argomenti etici e leggere quello che nel mondo, nella nostra società oggi, purtroppo, non va ancora bene.
Condivido in pieno ciò che scrive,anzi per me ,sotto certi aspetti,siamo tornati indietro.E’ uno dei pochi intellettuali che scrive ciò che pensa liberamente ,cercando di svegliare le nostre coscienze.Ricercare la Bellezza innanzitutto,è la via che ci può condurre ad un livello superiore e alla vera Libertà.
La ringrazio dell’attenzione e anche per avere voluto condividere il Suo pensiero. Alla prossima!