“Moon-50 anni dall’allunaggio”, A.A.V.V., LiscianiLibri, 2019
Per chi ci crede, stanti le mie scarse nozioni di numerologia, il numero undici è legato alla scienza, alla genialità, all’illuminazione della coscienza, all’inizio di un nuovo progresso e al colore argento.
Vero o no, è per lo meno una singolare coincidenza che il numero della missione spaziale che portò l’uomo a sbarcare sulla Luna fosse contrassegnata proprio da questo fatidico numero.
In ogni caso e con assoluta consapevolezza, undici sono i racconti di undici scrittori che compongono la raccolta “Moon-50 anni dall’allunaggio”, pubblicata da LiscianiLibri per celebrare lo storico 20 Luglio 1969.
Curato da Divier Nelli, acuto autore di romanzi e racconti gialli e animatore di numerose iniziative letterarie ed editoriali, il volume è arricchito, all’inizio, dalla testimonianza di Tito Stagno e, in chiusura, da un’interessante appendice fotografica.
Gli Autori coinvolti sono, oltre allo stesso Nelli che chiude la raccolta con il racconto “La verità”, Mariano Sabatini, Leonardo Gori, Giulio Leoni, Monica Campolo, Stefano Fazzi, Fabiana Carani, Giada Trebeschi, Paolo Miniussi, Vittorio Simonelli, Manuela Bertuccelli, in un bel mix che accomuna alla luce argentea della Luna autori già affermati ed esordienti.
Il risultato è una raccolta di racconti che spaziano (consentitemi il verbo: qui ci sta a pennello) da un genere e umore all’altro, a costituire una lettura varia e decisamente piacevole.
Mariano Sabatini, giornalista e critico televisivo, è del gruppo uno degli Autori più conosciuti, anche per il successo dei suoi romanzi gialli “L’inganno dell’ippocastano” e “Primo venne Caino” (entrambi pubblicati da Salani): partecipa al progetto “Moon” con il racconto “Il lato scuro della Luna”, nel quale lo sgradevole e arrivista giornalista Osvaldo Cataldi Manoja, oramai anziano, ripercorre con la memoria quella storica e torrida serata di cinquant’anni prima, gli incontri fatti allora, le scelte operate, i suoi comportamenti non propriamente adamantini. A fare da sfondo è la RAI di quegli anni, abitata da giganti dell’informazione come Ruggero Orlando, Tito Stagno e Andrea Barbato, tutti e tre coinvolti nella comunicazione di una impresa storica anche per i primitivi mezzi tecnici allora a disposizione della trasmissione televisiva.
Ecco l’intervista a Mariano Sabatini, il cui sonoro trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.
Canzone consigliata: (inevitabilmente) “The dark side of the moon”, Pink Floyd.
Giancarla:Siamo con Mariano Sabatini, che abbiamo sentito, le ultime volte, in veste di Autore di due romanzi di grande successo romanzi (“L’inganno dell’ippocastano” e “Primo venne Caino”) e ora ritroviamo perché suo è uno dei racconti di una bella antologia che celebra il cinquantesimo dell’allunaggio. Il 20 luglio 1969 l’Uomo arrivava, finalmente, sulla Luna: cinquant’anni dopo, LiscianiLibri pubblica “Moon”. Mariano, mentre continui ad essere un ottimo giornalista e critico televisivo, e come tale ti avevamo conosciuto, anche con la narrativa ti stai cimentando con ottimi risultati: però in questo momento ti pregherei di essere giornalista, prima che Autore, dandoci alcune informazioni su questo progetto editoriale. Detto così, potrebbe sembrare ovvio celebrare questo evento storico per l’Umanità con una pubblicazione, ma dal punto di vista editoriale la cosa non è così semplice, vero?
Mariano Sabatini: Sì e no, nel senso che sono usciti moltissimi libri rievocativi (scientifici, para-scientifici, para-qualcos’altro, compreso il solito tomo di Bruno Vespa, che da qualsiasi argomento riesce a tirare fuori un libro): quello che era almeno originale e abbiamo tentato di fare, secondo l’idea del curatore Divier Nelli, era costruire un percorso narrativo attorno all’allunaggio. Mi piace ricordare che questo è un libro composito, che contiene undici racconti originali di undici Autori, come undici fu il numero della fortunata missione che condusse gli astronauti sul Mare della Tranquillità, sulla Luna. Non è stato facile trovare un interlocutore ricettivo, perché l’editoria è sempre più conformista, conformata e pavida, mentre la Lisciani, che ha un patròn di ottant’anni che però ne ha dentro solo quaranta, è stata spericolata e infatti Giuseppe Lisciani ci ha detto subito di sì: di questo lo ringraziamo.
G.: Tu, non avendo, per mere ragioni anagrafiche, una memoria tua diretta di quel 20 luglio, hai scelto per il tuo racconto noir “Il lato scuro della Luna” hai scelto un protagonista anziano che dell’anziano non ha però lo stereotipo: è tutt’altro che una persona tranquilla, o saggia. Del tuo protagonista mi ha davvero colpita l’età.
M.S.: Io sono nato tre anni dopo l’allunaggio. Era indispensabile, per il tipo di racconto che avevo in mente, scegliere un alter ego (perché i personaggi sono sempre dei nostri alter ego, si fa sempre un po’ di autobiografia) che fosse prima molto giovane, poi molto anziano. E’ bello che tu dica che non è un anziano stereotipato, perché è un uomo intempestivo, non vive mai il tempo che gli è dato: non vive forse la giovinezza, se non nei suoi aspetti deteriori, e non vive gli aspetti più piacevoli della vecchiaia (perché anche la vecchiaia ha degli aspetti piacevoli), perché è un uomo sempre proiettato verso altro o altri. Si chiama Osvaldo Cataldi Manoja e fa il giornalista, come il protagonista dei miei romanzi, Leo Malinverno, perché è facile raccontare ciò che si conosce; e poi, quando mi è stato chiesto di partecipare a questo progetto dedicato alla Luna ho fatto il tuo stesso ragionamento e cioè che dell’allunaggio io non sapevo nulla. Avrei potuto studiarlo, ma sarebbe stata una cosa meccanica, farraginosa, didascalica: al contrario, conosco molto bene la storia della Rai e così ho inventato questo personaggio che si inserisce nella querelle fra Tito Stagno e Ruggero Orlando: anzi, prima ancora si inserisce nella gara per l’ottenimento della diretta televisiva, che poi sarà assegnata a Tito Stagno (presente nel volume con un pensiero introduttivo).
G.: Fra l’altro, nel tuo racconto non manchi di fare un grande omaggio a Luciano Rispoli, che è sempre nei tuoi pensieri; sei poi fortunato e grande amico della mitica Elda Lanza (la giornalista e scrittrice prima “presentatrice” della Rai, nel 1952: n.d.r.): hai avuto anche da loro, oltre che da Tito Stagno, testimonianze di come fosse stato organizzato quell’evento televisivo in RAI? Perché lo racconti come se davvero tu fossi stato lì, in quel momento.
M.S.: Rispoli no, non ricordo di averne mai parlato e purtroppo lui è mancato nel 2016: però, a “Il tappeto volante” di Rispoli una volta venne Ruggero Orlando e così, in quella occasione, ho conosciuto anche l’altro personaggio “mitico e mitologico”.Mi avvicinai a lui con tutta la trepidazione che il ventenne poteva provare nei confronti di un venerabile: Ruggero Orlando è stato, prima ancora che nascesse la RAI, la voce di Radio Londra! Chi ricorda o ha studiato la diretta sull’allunaggio sa che ci fu una disputa fra lui e Stagno: Stagno diceva “Ha già toccato”, Orlando diceva “Non ancora” e lo scambio di battute rese memorabile quella diretta. Ne ho parlato invece con Elda Lanza, ma lei non fu coinvolta: si trattava di servizi giornalistici precipui. In quella diretta furono coinvolti anche un giovanissimo Bruno Vespa (che era il “portatore d’acqua”, come in gergo si definiva chi stampava le agenzie e le portava in studio), che stava dietro le quinte, e Andrea Barbato, oltre a Tito Stagno: insomma, c’erano le migliori forze della RAI. Non si deve dimenticare che all’epoca realizzare una diretta intercontinentale non era cosa agevolissima!
G.: Un romanzo e un racconto non sono la stessa cosa: sei più a tuo agio nello scrivere il primo o, tutto sommato, il formato del racconto ti attira?
M.S.: …Io non sono a mio agio in niente: mi considero sempre un neofita, un debuttante, anche se in questo volume ci sono sei esordienti, scrittori cioè che non hanno mai pubblicato prima (e questo è uno dei meriti di Divier Nelli, che li ha presi dalla sua scuola di scrittura e li ha condotti alla pubblicazione, cosa non da poco, anche perché sono tutti di grande talento). Che cosa preferisco scrivere? Io, se potessi, non scriverei, perché la scrittura non è il mio istinto primario. Io scrivo tanto per lavoro, in radio, televisione, e poi anche i libri e i romanzi e adesso anche i racconti, ma sono cose diverse. Scrivere per me è una fatica immane, perché scrivere ti mette a contatto con la tua interiorità, almeno se vuoi portare sulla pagina qualche frammento di verità, di verosimiglianza, di vissuto palpitante: in questo racconto ce ne è tanto, anche se per pudore non voglio svelarlo. Il romanzo ti consente tempi più lunghi, ampiezze più confortevoli, la possibilità di giocare sulle lunghe distanze e i personaggi hanno la possibilità di vivere e di evolvere nel corso del romanzo; il racconto richiede compattezza, velocità e una compressione che in un certo senso aiuta e in un altro lo rende più difficile. Quando Divier Nelli mi ha chiesto di partecipare al progetto, il mio primo impulso è stato pensare di non essere in grado, cosa che faccio sempre: mi saboto da me.
G.: Questo discorso sulla tua ritrosia, che da un lato ti fa onore, perché rivela una umiltà rara, specie di questi tempi, è però un falso problema, perché i risultati del tuo lavoro a noi lettori sembrano più che soddisfacenti. Questo dovrebbe farti ragionare sul terzo romanzo della serie di Malinverno, personaggio che ci piace molto…
M.S.: … Ah, le dolenti note…
G.: … A parte il fatto che ne “L’inganno dell’ippocastano” hai avuto una clamorosa preveggenza rispetto ad un grosso fatto di cronaca, a parte il fatto che comunque anche in questo racconto narri la realtà quando ricordi che nella professione esistono i raccomandati, il carrierismo, l’arrivismo e la cialtroneria di chi è così che ottiene risultati. Forse scrivere per te è difficile perché hai scelto una linea narrativa che non è totalmente di fantasia ma, al contempo, tu non sei un romanziere “da cronaca”?
M.S.: E’ vero, non sono un romanziere “da cronaca”, anche se mi faccio ispirare dall’attualità, da quello che succede intorno a me: lavoro sulla trama, sulla narrazione, sulla fantasia, perché se uno vuole la realtà legge i giornali; se poi pensi che quando ho scritto “Primo venne Caino”, la storia di un serial killer che uccide le persone che hanno dei tatuaggi, in Italia c’era un serial killer come Igor il russo, e attualmente nel nostro Paese ci sono almeno trenta serial killer che potrebbero tornare a colpire, la realtà nei miei romanzi c’è; poi, però vado di fantasia e raggiungo lidi inattesi. Anche in questo, che non è un racconto di genere, ho condiviso un pezzo di vita di un uomo corrotto, che entra in contatto con la sua ambizione quasi wildiana, da “Ritratto di Dorian Gray” , in cui però la Luna non ci sta a fare da ritratto in soffitta, e arriva a livelli di depravazione e malvagità che mi hanno sconvolto in prima persona: però c’è una presa di coscienza finale che forse un pochino – pochino,eh…- lo riscatta, perché nei confronti di se stesso e di Maddalena, la donna che ha bramato tutta la vita, si rende conto di avere giocato sporco, accarezzando anche l’idea di un gesto estremo…Ma non voglio dirne di più.
G.: …Anche perché ci riserverai un bel colpo di scena. Ringraziandoti per la tua disponibilità, l’ultima cosa che ti chiedo, Mariano, è: come sta Malinverno?
M.S.: …Ah, quello vuoi sapere? Mi fai sorridere perché sei tenace! Allora: Malinverno è alle prese con una indagine molto complicata. Il terzo romanzo – parlo tecnicamente – ha un corpo di 150.000 battute ed è a un terzo della sua composizione … però sono nella fase del “non sono in grado” … Malinverno è sempre con me, penso tantissimo a lui e probabilmente anche lui pensa a me. Ho il titolo (te lo anticipo, come mio regalo ad una amica): “Mutevoli nascondigli”. E’ una indagine sul gioco d’azzardo, le sale di scommesse clandestine: insomma, Malinverno ha da fare, ha molto da fare…
G.: “Mutevoli nascondigli” dai quali, sappilo, ti verremo a stanare.
M.S.: Grazie: sono ben contento di essere stanato!