Mimmo Franzinelli
“L’ arma segreta del Duce. La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini”
Rizzoli Editore- Collana: SAGGI
Prezzo: 23.00 €
Pagine: 448
Formato libro: 23 x 16 CARTONATO
Quanti sono i “misteri” d’Italia? Quali i casi insoluti che hanno determinato la nostra storia patria? Chi e perché si muove, più o meno nell’ombra, per manipolare l’opinione pubblica con tale pervicacia da indurre il dubbio anche nelle menti più brillanti? E quale è stato e dovrebbe essere, in questi casi, il ruolo della stampa?
Ma, soprattutto: si saprà mai la VERITA’?
Per quanto riguarda le prime domande, l’elenco, lo sappiamo fin troppo bene, è lunghissimo: come nel 2011 Giovanni Fasanella e Antonella Grippo hanno ricordato nel loro interessante saggio “1861. La storia del Risorgimento che non c’è sui libri di storia” (Sperling & Kupfer Editori), il primo episodio oscuro risale proprio a quell’anno fatale: fra il 4 e il 5 marzo 1861, addirittura pochi giorni prima della proclamazione dell’Unità d’Italia, affondava in circostanze poco chiare la nave a vapore “Ercole”, sulla quale viaggiava il colonnello garibaldino e scrittore Ippolito Nievo, diretto a Napoli con moltissimi carteggi forse troppo compromettenti per qualcuno, perché se ne potesse conoscere il contenuto. Né il relitto dell’imbarcazione, né i corpi delle vittime vennero mai ritrovati: insomma, niente prove e quindi nessuna univoca verità.
Ma se quella di insabbiare i fatti è una delle pratiche più frequenti in questi casi, c’è anche un altro modo per disinformare la gente, del tutto opposto: gridare ai quattro venti di avere scoperto la “scottante verità” su fatti e protagonisti della Storia, con tanto di “documenti” alla mano. Poco importa se i sedicenti divulgatori di vergognosi segreti di Stato sono persone dal passato e dal presente tutt’altro che adamantini, né che le presunte prove siano zeppe di clamorosi errori, persino grammaticali: la pericolosa tendenza delle masse a credere ciecamente all’ultimo arrivato, che urlando parole roboanti si atteggia a coraggioso e unico depositario della verità, induce a sorvolare su questioni tutt’altro che secondarie… E utilizzare la disinformazione è fondamentale per conquistare il potere politico: si sa.
Questo è esattamente quello che è successo a proposito del famoso (meglio: famigerato) carteggio Churchill-Mussolini, che fin dal 1945, ma soprattutto negli anni ’50, agitò una Italia ancora troppo fresca di dittature, guerre, sconfitte pesantissime e vendette feroci per reagire lucidamente alla mistificazione: malgrado incongruenze tanto evidenti quanto grottesche, nella mente degli Italiani di allora questi presunti documenti storici insinuarono il dubbio, in molti tramutatosi in certezza, che Churchill avesse ingannato Mussolini con un cinico doppiogioco, prima stringendo col Duce un patto segreto, poi tradendo lui e il nostro Paese. Come se non bastasse, in questo imbroglio sarebbero stati coinvolti anche De Gasperi, Hiltler, Vittorio Emanuele III e persino il Cardinale Giambattista Montini, il futuro Papa Paolo VI. Fu una montatura creata per deresponsabilizzare Mussolini e procurare soldi facili ai truffatori che l’avevano organizzata: e la stampa ebbe un ruolo determinante nella sua divulgazione, tanto che all’inganno credono in molti anche a nostri giorni.
Per questo riesamina la questione, mettendovi un punto fermo, lo storico Mimmo Franzinelli, che nel suo nuovo libro “L’ arma segreta del Duce. La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini” (Rizzoli Ed) rivela chi, come, dove quando e perché organizzò questa mistificazione, scrivendo la parola “fine” nel racconto di uno degli imbrogli più grandi del secondo dopoguerra.
Il libro ha l’andamento del thriller, pieno com’è di personaggi e colpi di scena, pur restando un autorevolissimo saggio ricco di immagini e documenti ufficiali e incontestabili. Del resto, Mimmo Franzinelli è una delle massime autorità italiane dei nostri giorni in materia: a lui, per esempio, si deve il saggio “Autopsia di un falso: i diari di Mussolini e la manipolazione della storia” (Bollati Boringhieri Ed), in cui analogamente dimostrava punto per punto che i presunti “diari” erano un clamoroso falso.
Ecco di seguito l’intervista al Professor Mimmo Franzinelli: potete trovarne il sonoro integrale in alto, nella sezione audio di questa pagina
Canzone consigliata: “Aida”, Rino Gaetano
Giancarla: Professore, che cosa si intende per “Carteggio Churchill-Mussolini”?
Mimmo Franzinelli: Il “Carteggio Churchill-Mussolini” è una sorta di “Arca di Noè”, dove ci sono lettere dello pseudo-Churchill allo pseudo-Mussolini e altri falsi, di Dino Grandi, di Vittorio Emanuele III, di Hitler e di una serie di altri personaggi, oggi poco conosciuti. E’ una operazione che aveva un senso squisitamente ideologico, nel secondo dopoguerra: trasferire le responsabilità del disastroso conflitto da Mussolini ai suoi collaboratori, che lo avevano, o l’avrebbero, tradito, con la grande idea- geniale nella sua stupidità, dico io- di dare la colpa dell’entrata in guerra italiana a Churchill, cioè al nemico numero uno dell’Italia, avvalorando una intesa segreta, clandestina, che sarebbe per l’appunto documentata da questi carteggi, per cui l’Italia sarebbe diventata, attraverso Mussolini, una sorta di quinta colonna degli Inglesi. E’ una cosa che, francamente, non sta né in cielo, né in terra.
G.: Diciamo che in tutta questa operazione c’è sicuramente una grande responsabilità della stampa: fin dall’inizio, proprio nella costruzione di questa, che potremmo definire con termini aulici … “bufala”, e poi soprattutto nel continuare molti anni dopo, a metà degli anni ’50, a pubblicare degli articoli (e questo riguarda grossi editori). Secondo lei, dunque, che ruolo ha avuto la stampa in questa vicenda?
M.F.: La stampa ha avuto un ruolo assolutamente decisivo. La vicenda esplode all’inizio degli anni ’50, ma si prepara alla fine degli anni ’40, quando ancora non esiste la televisione e a farla da padrone sono i quotidiani e i grandi rotocalchi che, a partire da “Oggi” del gruppo Rizzoli, si buttano sulla vicenda per tanti motivi, non ultima la convinzione che il pubblico abbia bisogno di qualcosa di scandalistico, qualcosa che dimostri una “contro-storia contro-fattuale”: quindi (i truffatori: n.d.r) danno loro queste polpette avvelenate. La stampa è decisiva: decisiva con le interviste agli spacciatori di questi falsi, e poi per la visione “dietrologica” dei fatti che continua ancora oggi. Oggi però il peggio è che alla stampa, su questa faccenda del falso carteggio “Churchill-Mussolini”, si è sostituito internet: basta digitare carteggio “Churchill-Mussolini”, che si resta seppelliti dalla valanga di falsità che tendono ad accreditare questa “bufala” (è proprio il termine esatto). E’ una operazione squisitamente ideologica.
G.: …E anche commerciale, perché qualcuno voleva guadagnare: non soltanto gli editori, ma anche gli stessi ideatori. A questo proposito: sappiamo esattamente chi sia stato l’inventore di questa “bufala”?
M.F.: Sì, lei ha ragione: qui si danno il braccetto l’operazione ideologica e quella finanziaria. Chi effettivamente fa lo spaccio è un giovanotto, un certo Enrico De Toma, molto …” disinvolto”: lui è quello che ci mette la faccia (e poi ce la rimette, anche) e guadagna una barca di soldi; poi c’è il falsario, o, per meglio dire, il “coordinatore” della rete di falsari, ovvero un certo Aldo Camnasio, che si definiva Marchese de Vargas, molto abile nel tratto, che assolda in Svizzera altri “amanuensi” (chiamiamoli così). Sono questi due i personaggi di spicco: dietro di loro c’è una sorta di “internazionale nera”, che non è interessata all’aspetto affaristico, ma a quello ideologico. C’è tutto uno staff, che io ricostruisco nel libro: c’è un notaio elvetico, c’è un giornalista reduce della R.S.I., Giorgio Pisanò, ma i personaggi sono tanti, come i dirigenti missini e fra loro Francesco Servello, e molti altri ancora. Tutti loro hanno avuto come interlocutori nientemeno che Mondadori e Rizzoli, cioè i due grandi colossi editoriali che oggi si stanno fondendo: entrambi acquistano, in concorrenza l’uno con l’altro, alcuni di questi carteggi e iniziano a pubblicarli, salvo poi rendersi conto che sono degli imbrogli perché gli errori che contengono sono davvero clamorosi. A questo punto, si cessa di pubblicare, ma continua questa campagna che riemerge periodicamente.
G.: Questa degli errori è una parte quasi ridicola, perché-lei lo spiega molto bene in questo libro interessante, che quasi non vorrei definire un “saggio”, perché in realtà è un vero e proprio thriller- ci sono degli errori veramente madornali, anche soltanto nella trascrizione in lingua inglese, da farci chiedere come sia stato possibile che ci siano cascate delle persone importanti (per non fare nomi, il ministro Ezio Vanoni) o che abbiano avuto dubbi alcune persone certamente non sprovvedute, come ad esempio Giulio Andreotti.
M.F.: Certo: da una parte c’era l’attrazione del mistero, una cosa che senz’altro funziona, e poi va ricordato che (i falsi documenti) non vennero mostrati tutti insieme; io “tutti insieme” li ho raccolti a posteriori, ma all’epoca era una sorta di produzione “just in time”. Tra i falsi, appaiono addirittura delle lettere che avrebbe scritto Alcide De Gasperi nelle quali avrebbe chiesto agli Inglesi di bombardare Roma per fare insorgere il popolo contro Mussolini: e qui c’è cascato Giovannino Guareschi, che su “Candido” pubblica queste lettere, poi viene querelato e, nel 1954, condannato dal tribunale di Milano senza la perizia grafica; e questo è uno dei motivi che fanno sì che ancora oggi qualcuno continui a credere alla veridicità di queste lettere, che sono assolutamente false.
G.: Però, quando tutto questo avveniva, Churchill era vivente, visto che è scomparso nel 1965: perché, allora, non è intervenuto, perché non ha detto nulla?
M.F.: Churchill nel 1954 era addirittura tornato al premierato: lui ha visto queste lettere, gliele aveva sottoposte un emissario di De Gasperi, ma si è fatto una bella risata e (perché c’era anche un intento ricattatorio) ha detto: “Le vogliono pubblicare? Si accomodino: facciano pure e vadano all’inferno.” Questo è quello che lui ha detto: le ha ritenute così inclassificabili da non doversi nemmeno “abbassare” alla smentita.
G.: All’origine di tutto, però, c’è una vera lettera: effettivamente c’è stato un contatto fra Churchill e Mussolini. E poi, le simpatie di Churchill verso Mussolini e soprattutto la convergenza anticomunista di entrambi erano conclamate: insomma, la “perfida Albione” all’inizio non era poi così perfida…
M.F.: Sicuramente qui siamo di fronte a qualcosa di verosimile, nel senso che non c’è stata una invenzione “in toto”; che Churchill fosse un ammiratore di Mussolini era notorio dall’inizio del fascismo fino al 1936/37: si raffredda molto quando Mussolini diventa alleato di Hitler. Poi c’è stata la guerra: la guerra è scoppiata nel settembre del 1939 e nella sua prima fase, almeno fino al 1940, Mussolini è neutrale. Churchill ritorna al potere alla metà di maggio del ’40 e scrive a Mussolini una lettera, questa sì vera e unica, suggerendogli, nell’interesse dei loro due popoli, di continuare a mantenersi neutrale: Mussolini gli risponde con una lettera veramente insultante, dicendogli che lui farà ciò che crede e resterà fedele all’alleato, ovvero Hitler. A quel punto, Churchill capisce che il dado è tratto e si attrezza per la guerra contro l’Italia. Dopo lo scambio di queste due lettere, alla metà di maggio, fra i due non vi fu più alcun rapporto: erano diventati due nemici mortali. Invece, questo finto carteggio li fa continuare a corrispondere addirittura sino al 23 aprile del 1945, cioè persino dopo la nascita della Repubblica Sociale: ma ci sono anche finte lettere del re…Insomma, è un castello di carte assolutamente fraudolente.
G.: … Diciamo qualcosa anche sul libro in quanto “oggetto”, perché è ricco di fotografie: sarà stata anche una bella sfida con l’editore, che (lo avranno già rilevato altri ben più autorevoli di me) è Rizzoli- la stessa casa editrice di “Oggi”. Perché lei ha voluto tutte queste immagini a corredo del suo scritto?
M.F.: Guardi: io mi sto purtroppo convincendo che “il libro” è qualcosa di obsoleto, che ai giovani non comunica granchè. I giovani hanno una cultura per immagini e quindi, ultimamente, quando faccio un lavoro d’archivio con la macchina fotografica, tendo a prestare un’attenzione particolare alla questione delle immagini. Tuttavia, in questo libro la scelta era obbligatoria; io parlo di documenti falsi e voglio che il lettore li possa leggere nell’originale, nella loro fattura artigianale, diciamo. Ci sono oltre cento documenti: quindi consento al lettore di pervenire ad un suo proprio giudizio, indico tutte le fonti dove le lettere possono essere ritrovate, dove io le ho trovate e quindi pubblicate.
G.: Per finire: lei è uno storico e come tale racconta questa che, diciamolo pure, è una brutta storia. Tuttavia, anche questa brutta storia avrà pure una sua “morale”. Secondo lei, qual è?
M.F.: La “morale” è che bisogna essere molto critici verso quelle che ci vengono presentate come “verità”. Questa è una storia di ieri che è anche una storia di oggi: basti pensare che pochi anni fa ci fu una guerra in Kuwait creata ad arte su documenti falsi fabbricati e pubblicati dai servizi segreti americani. Oggi è ancora più facile falsificare, grazie a photoshop, al computer: è uno scherzo anche falsificare le fotografie, eccetera… Io ho dedicato il libro ad una situazione ancora artigianale, da amanuensi, ma oggi siamo nella età del falso seriale: quindi vorrei che il libro fosse una campana di allarme perché si stia attenti a non bere tutto quello che ci vogliono propinare.
(dall’estero) Buongiorno.
dei fatti accertati -da cominciare col subito interesso dei militari inglesi pel contenuto degli archivi italiani dopo lo sbarco Alleato del’43- fanno che si puo difficilmente in buona fede ridurre questa vicenda alle truffe tipo “Oggi” od altre. Poi fra le testimonianze c’è ne sono che meritono qualche considerazione, come per esempio quella di Peter Tompkins. C’è anche un contesto storico e dei permanenti scopi di guerra (non certo la caduta del fascismo, solo la neutralizzazione dell’Italia quanto potenza nemica) a dare qualche giustificazione all’esistenza di une tale corrispondenza. Poi e soprattutto -sul piano metodologico : né l’uso strumentale da sempre fatto di quest’affare, né il suo ancora odierno uso mercantile, neanche la circolazione di falsi ed il retroscena di fantasmi autorizzano a dedurre l’INESISTENZA di una corrispondenza tra Churchill e Mussolini. Mimmo Franzinelli mi sembra di mostrarsi qui ben troppo affirmativo.
Cordialmente
Buona sera Luc. Lei ha letto il libro?