EDGARDA FERRI, “BALLATA DELLE DONNE IMPERFETTE”, LA TARTARUGA EDITORE, 2019
PAGG 180
€ 17,00
“La perfezione – dice un vecchio adagio – non è di questo mondo”.
“La perfezione – scriveva il giapponese Jun’ichirō Tanizaki ricordato in esergo – è fredda”.
E dunque, Edgarda Ferri, ora ironica, ora tagliente, ora pietosa ma sempre raffinata e attentissima ai dettagli, decide di scrivere del suo contrario: l’imperfezione.
Ma davvero l’imperfezione è tale?
In “Ballata delle donne imperfette” (La Tartaruga Editore), la sua recente raccolta di tredici racconti, la scrittrice mantovana pone la questione narrando le vicende di altrettante eroine imperfette, tali solo agli occhi degli astanti più ottusi, o maldicenti, o prepotenti.
Che si tratti di quella fisica della umile e sconosciuta contadina Giacoma, definita da una commissione medica napoleonica “rara mostruosità” perché probabilmente maschio, o di quella assetata di giustizia di Artemisia Gentileschi, violata ma non doma, o di quella coraggiosa ed estrema di Antigone, l’imperfezione di queste protagoniste si rivela presto essere ben altro e il lettore scoprirà che imperfetto (e anche peggio) è semmai il preconcetto feroce che marchia a vita – punendola spesso fino alle estreme conseguenze – colei che rivendica il diritto di essere se stessa, che sia bella o deforme, regina o popolana e persino che sia nata femmina o aspiri ad esserlo. Alla donna, dimostra Edgarda Ferri – vengono imposti severissimi canoni estetici e comportamentali: chi non li rispetta sarà esclusa, punita, uccisa; ieri come oggi, purtroppo.
Ma non si pensi che questo libro sia pessimista o cupo: tutt’altro. E’ una esortazione ad essere se stesse senza cedere a umilianti compromessi, senza farsi prendere dallo sconforto, reagendo fieramente agli inciampi procurati dalla propria eventuale “imperfezione”: …magari come fece come Annie Jones, la famosa “donna barbuta” brutalmente esibita come fenomeno dal circo Barnum, che con il suo impegno sociale – nell’800! – riuscì a far cancellare l’etichetta di “freak” (“mostro”) appiccicata a chi, specie se donna, veniva schernito ed emarginato per i suoi difetti fisici.
Un libro eretico (la giusta definizione è di Elisabetta Sgarbi), che parla di donne eretiche, cioè fuori dall’ordinario, stigmatizzando l’eterna violenza contro la diversità del corpo o dell’animo: un libro, in ultima analisi, che rivendica come sacro il diritto di ciascuna di essere libera, benchè ritenuta imperfetta.
L’Autore:
Edgarda Ferri è nata a Mantova e vive e lavora a Milano. Scrittrice, saggista, giornalista, ha scritto sulCorriere d’Informazione e per lungo tempo su Il Corriere della Sera e sul settimanale Gente. Collabora al quotidiano La Repubblica.
Ha esordito nel 1982 con il romanzo Dov’era il padre. Nel 1988 si è aggiudicata il premio “ Walter Tobagi” e il premio letterario “Maria Cristina” per Il perdono e la memoria.
Ha pubblicato inoltre: Contro il padre (1983), La tentazione di credere (1985), Luigi Gonzaga (1991), Quello che resta di Cristo dopo 2000 anni (1996), Maria Teresa (1994), Giovanna la Pazza (1996), Io, Caterina (1997), Per amore (1998), L’ebrea errante (2000), Piero della Francesca (2001), La grancontessa (2002), Letizia Bonaparte (2003), L’alba che aspettavamo (2005), Il sogno del principe (2006), Rodolfo II (2007), Uno dei tanti (2009), Imperatrix. Elena, Costantino e la Croce, (2011), Klimt, le donne, l’arte, gli amori, (2012), Il cuoco e i suoi re (2013), Guanti bianchi, (2014), La casa di Barbara. La camera degli sposi (2015), La casa di Isabella (2016), Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore. Vita di Etty Hillesum (2017), La casa di Giulio Romano (2019).
La raccolta di racconti Ballata delle donne imperfette (La Tartaruga, 2019) è la sua più recente pubblicazione.
Ecco l’intervista a Edgarda Ferri, il cui sonoro trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina
Canzone consigliata: “La donna cannone”, Francesco De Gregori
Giancarla: “Ballata delle donne imperfette” è il titolo perfetto di un bellissimo libro, nel quale parli della storia di tredici donne, alcune realmente esistite, altre invece appartenenti alla mitologia, dal passato sino a Conchita Wurst. Come, quando e perché è nata la tua voglia di raccontare donne “imperfette” ?
Edgarda Ferri: Partiamo dal primo racconto: “Una rara mostruosità”. Di questa storia sapevo abbastanza da tanto tempo e ne ero rimasta colpita: è accaduta a Roverbella, in provincia di Mantova, nel 1802, cioè in epoca napoleonica, quando i Francesi avevano cacciato gli Austriaci. La popolazione era contadina, analfabeta, poverissima. Avevo trovato una relazione “nuda e cruda” su di una ragazza figlia di contadini, che viveva appunto vicino a Roverbella: è una relazione tecnica, che dico “nuda e cruda” perché vi hanno usato termini medici e scientifici. La potentissima Accademia Scientifica di Mantova, molto influente sulla città, aveva infatti ricevuto notizia anonima di quella che avevano soprannominata “mostruosa creatura”: si trattava di una ragazza di ventitrè anni, Giacoma Foroni, figlia di contadini, che presentava delle caratteristiche mascoline; insomma, probabilmente non era una femmina. La relazione che ho letto era quella che i membri dell’Accademia Scientifica avevano rilevato nella casa della ragazza: erano in sette e tutti uomini, compreso un disegnatore che doveva ritrarre i tratti “equivoci”, da studiare, di Giacoma, e malgrado la mamma della ragazza avesse tentato di difendere la figlia sono piombati in quella casa accompagnati dalle autorità (il sindaco del paese e un ispettore francese). L’ho trovata una forma di violenza terribile, non tanto per la crudità con cui questi scienziati hanno descritto, frugato dentro e fuori, e misurato il corpo della Foroni, quanto per il modo in cui lei è stata trattata. Ho trovato che sia stata una immensa violenza su di una povera contadina indifesa, probabilmente anche analfabeta, nel cercare la “mostruosità” che, in effetti, hanno trovato. Non so come sia finita questa storia. Ho cercato i documenti a Roverbella, ma non ho trovato nulla; avrei voluto sapere che fine aveva fatto questa donna che non era del tutto donna, che gli scienziati addirittura ipotizzavano fosse un maschio, mancato ma maschio. Però questa storia mi ha fatto sentire il bisogno di cercare altre storie di imperfezione di donne, imperfezione non soltanto fisica ma anche comportamentale, e dello scotto che per questo hanno dovuto pagare.
G.: Dalle tue parole traspare quello che comunque le tue pagine raccontano, a volte con toni sferzanti, altre ironici, e cioè la pietà che provi verso chi si ritrova negato il diritto fondamentale di essere se stesso: è forse questo che ti ha portato a raccontare storie anche incredibili? … Perché nessuno accosterebbe mai all’idea di imperfezione Nefertiti o addirittura la Madre di Cristo…
E.F.: Viviamo in un periodo in cui tutto deve essere perfetto, perché se non è perfetto, giovane e sano viene scartato: e se è “diverso” (e quindi “imperfetto”) la maggior parte delle volte non solo è scartato, ma anche punito ed emarginato. Io mi sono sentita nel pieno dell’attualità (anche se non ho parlato di attualità, se non per Conchita Wurst e per il film “Girl”, uscito un paio di anni fa e che mi aveva colpito molto perché è la storia di un bellissimo ragazzino danese, che sogna di diventare una ballerina classica e fa di tutto per diventare donna), e mi è bastato guardarmi un poco all’indietro per vedere che di donne “imperfette” ce ne sono state tante. Io penso che di “perfetto” non ci sia nessuno e penso che sia bene così: mi sono venute incontro loro, non ho fatto fatica a trovarle, perché di “imperfezioni”, anche nel comportamento, ce ne sono tantissime, e di punizioni per queste “imperfezioni” ce ne sono sempre di più. Arriviamo addirittura al femminicidio, di grandissima attualità: le donne sono punite, anzi spesso uccise, proprio perché si ribellano all’ideale di perfezione che hanno gli uomini, e cioè quello della donna che sta in casa e si occupa soltanto dei figli e del marito. La donna-succube: quella è l’idea, quello il modello della donna… “perfetta”.
G.: Ma l’idea della perfezione o, per meglio dire, del raggiungimento della perfezione è legata e applicata alle donne in tutto il mondo: è come se l’imperfezione nell’uomo fosse quasi un vezzo, mentre nella donna è un peccato mortale.
E.F.: Sì, la donna è sempre stata considerata un oggetto e ancora adesso ci portiamo dietro questa cultura che facciamo fatica a scrollarci di dosso: noi donne un po’ meno, dopo tanto tempo. Gli uomini invece fanno più fatica a tirarsi via dalla testa e dal loro corpo l’ideale femminile della “donna che non si muove”: una bambola che, naturalmente, deve avere tutte le virtù. Da qui non si esce: anzi, questo aspetto viene sempre di più sottolineato se si parla di bellezza fisica, che è il requisito che si chiede alla donna di oggi anche sul lavoro, nella società. La donna oggi deve essere bellissima, sanissima e – possibilmente – anche disponibile, perché rimane la concezione che la donna è un oggetto: adesso questa regola è esasperata, per cui assistiamo anche a delle mostruosità, a violenze che le donne fanno su se stesse per essere sempre così come vuole l’uomo.
G.: Elisabetta Sgarbi ha definito questo tuo libro eretico: ti chiedo perché e se tu sia d’accordo con questa definizione.
E.F.: Sì, eretico nel senso classico della parola: “fuori dalla norma”. Sì, ne vado molto orgogliosa! E’ un libro molto provocatorio: io l’ho scritto in una maniera il più possibile lieve (lieve, non leggera), perché il tema è molto pesante, è quello della violenza sulla diversità. C’è molta ironia e da una parte mi sono divertita, ma il mio divertimento viene dall’indignazione: poi mi sono affezionata a queste mie eroine. Cercando la diversità mi sono venuti in mente, naturalmente, i fenomeni da circo: la donna cannone, la nana, la donna barbuta, eccetera. Allora sono andata a cercare una storia non banale, non la solita storia: volevo che una di queste donne imperfette desse un senso anche alle storie che stavo raccontando. Così ho trovato la storia della famosa donna barbuta americana dell’800, Annie Jones, che mi ha colpito moltissimo: dopo essere stata portata a tre anni dalla madre al Circo Barnum come la bambina barbuta, gira il mondo facendo il mostro (così erano chiamati) ma a metà della sua vita, a trentacinque anni, nel pieno del successo (era diventata ricca e aveva avuto due mariti) propone un movimento per l’abolizione del termine mostro (in americano “freak”). Lei sostiene: “Noi siamo come voi, abbiamo gli stessi sentimenti, le stesse pulsioni: siamo nati “diversi”, ma siamo delle PERSONE”. Ho raccontato questa storia perché ho trovato coraggioso da parte di questa donna diversa promuovere un movimento per abbattere il muro che separava le donne diverse fisicamente dalle donne che credevano (…che pretendevano!) di essere normali.
G.: Grazie, Edgarda: l’amore che hai dato alle tue protagoniste arriva assolutamente ai lettori. Il libro è stato pubblicato già da qualche tempo con ottimi riscontri, ma io invito chi ancora non lo avesse fatto a leggere le “ballate di donne imperfette” che oramai amiamo moltissimo, come amiamo la loro Autrice.