“Buchi nella sabbia”: chiacchierata con Marco Malvaldi

Marco Malvaldi“Buchi nella sabbia”

Sellerio Editore, Palermo

Da giovedì 5 novembre2015

La memoria n. 1016

256 pagine   14,00 euro   

e-book: 9,99 euro

 

con malvaldi ottobre2015 b

 

…E finalmente, dopo qualche escursione nel genere dei racconti, Marco Malvaldi è tornato alla forma del romanzo: lo ha fatto con il secondo capitolo della trilogia avviata brillantemente nel 2011 con il riuscitissimo “Odore di chiuso” (Sellerio ed. Palermo). Si tratta, come fra poco dallo stesso Malvaldi sentirete/leggerete, di un progetto in cui al centro di una indagine si muove sempre un personaggio italiano realmente esistito, letterato “sui generis” e investigatore per caso. Marco Malvaldi ci ha, molto generosamente, anticipato chi e perché sarà il protagonista del capitolo conclusivo di questa saga, e anche di questo saprete fra poco: tuttavia, per il momento soffermiamoci su “Buchi nella sabbia” (Sellerio Editore, Palermo). I più preparati riconosceranno l’evidente familiarità del titolo con un componimento poetico dei primi del ‘900, scritto da un poeta, giornalista, traduttore e scrittore tanto valido quanto trascurato dalla critica e dalle antologie letterarie, ovvero Ernesto Ragazzoni. Nato nel 1870 a Orta, dove morirà di cirrosi epatica nel 1920, Ragazzoni ebbe solo cinquant’anni di vita, che trascorse a sbeffeggiare costantemente e con caustica ironia i molti vizi e le ipocrisie della sua epoca: lo fece così tenacemente da farsi molti nemici fra i potenti, i quali, a un certo punto, lo fecero rimuovere dalla poltrona di direttore del giornale su cui aveva pubblicato un feroce editoriale. Malgrado il suo spessore culturale (fu anche uno dei migliori traduttori di autori inglesi della sua epoca), non fosse stato per alcuni grandi attori che ne hanno recitato i versi (Carmelo Bene e Vittorio Gassman, per esempio), di Ragazzoni si sarebbe persa la memoria. Oggi lo recupera anche Marco Malvaldi, che fa di Ernesto Ragazzoni il protagonista del suo nuovo “giallo” ambientato nella Pisa nel1901. Brevemente, la trama. I tempi non sono semplici: re Umberto I è stato da poco ucciso a Monza da Gaetano Bresci l’anarchico e, si sa, quelle toscane sono terre di anarchici. Si può dunque immaginare la tensione delle autorità pisane in vista dell’arrivo in città del nuovo re, Vittorio Emanuele III, che visiterà per la prima volta la tenuta di San Rossore e quindi presenzierà alla Tosca di Giacomo Puccini in cartellone al Teatro Nuovo: infatti tutti, ma proprio tutti, dagli operai che stanno restaurando il teatro ad alcuni tecnici, fino allo stesso tenore protagonista, sono noti internazionalisti e quindi sospetti; anzi, per non correre rischi, fra i sorvegliati speciali c’è persino Giacomo Puccini (la “Tosca” non era proprio …politicamente corretta, per i tempi…). Ci mancava pure un certo strampalato giornalista, tale Ernesto Ragazzoni, a scombinare le carte… Un nuovo regicidio, per fortuna, non ci sarà, ma il morto ci scapperà lo stesso: il tenore dal dardeggiante nome di Ruggero Balestrieri verrà fucilato per davvero mentre indossa i panni del Cavaradossi. Incidente? Omicidio premeditato? Balestrieri era la vittima designata o si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato? E se proprio lui doveva essere ucciso, perché, come e da chi? A risolvere l’enigma penserà Ernesto Ragazzoni, naturalmente grazie ad un magistrale e divertentissimo Marco Malvaldi.

Ecco l’intervista a Marco Malvaldi, il cui sonoro integrale trovare in alto, nella sezione audio di questa pagina.
Canzone consigliata: una di Frank Zappa, a vostra scelta.
 
Giancarla: Il protagonista somiglia pericolosamente ad uno straordinario e strampalato personaggio che sarebbe coetaneo e anche collega del tuo nuovo “investigatore” , se possiamo dire così…
Marco Malvaldi: Più che “investigatore”, “testimone informato sui fatti”, perché c’è una pericolosa somiglianza, molto molto vicina (tanto che hanno lo stesso nome e cognome) con Ernesto Ragazzoni d’ Orta, poeta, giornalista, etilista professionista, geniale testimone della sua epoca fra il 1870 ed il 1920, anno in cui la cirrosi epatica vincerà su di lui. In quei cinquant’anni, però, “l’Uomo” ha dato tante soddisfazioni alla letteratura e, appunto, quando chiedevano a Ragazzoni quale fosse il suo lavoro, lui rispondeva con questo breve componimento, nel quale spiegava che ce ne sono
tanti al mondo…
che son osti…
cavadenti boja, eccetera…
(o, secondo le fortune grand’Orienti).
C’è chi taglia e cuce brache,
chi leoni addestra in gabbia,
chi rincorre le lumache…
Io… fo buchi nella sabbia.
La poesia va avanti con tanti parallelismi e per spiegare appunto quale era l’essenza del Ragazzoni: chi fa buchi nell’acqua, non fa niente, non restano; chi invece scolpisce nella pietra fa cose durature; lui faceva “buchi nella sabbia”, cioè articoli di giornale o poesie dedicate ad argomenti estemporanei, che, secondo lui, non sarebbero riuscite a resistere al tempo (ha fatto poesie sull’installazione di cessi pubblici a Orta o sulla scoperta di un nuovo farmaco contro la sifilide, o lue, una poesia bellissima: “Lode e gloria alle puttane, che diventan tutte sane ed a un dì presso vergini”), non sospettando che sarebbe diventato, in realtà, grazie alle sue capacità poetiche, uno dei rimatori più apprezzati da chi le poesie le recita…Perché le poesie di Ragazzoni non possono essere lette: vanno ascoltate. Vanno lette ad alta voce e recitate: grandissimi attori (Carmelo Bene, Vittorio Gassman) concludevano i loro recitals con le poesie di Ragazzoni, che era un grandissimo poeta che volontariamente poetava su cose di nessun valore e di nessuna durata: e in questo modo è arrivato all’immortalità.
G.: Due parole sulla trama?
M.M.: …Beh, non mi sembra giusto! …La cosa importante è il Ragazzoni…! No, la trama è abbastanza semplice, come in tutti i “gialli” che si rispettino. Io mi sono sempre chiesto una cosa: che succederebbe se durante una rappresentazione di “Tosca” (opera che “porta male” per definizione: se qualche casino deve succedere, succede in “Tosca”!) un tenore venisse messo di fronte a un plotone schierato e in mezzo ai fucili caricati a salve ce ne fosse uno che qualche malandrino ha caricato davvero, con un vero proiettile?
G.: … Ragazzoni in questo sguazza (…anche etilicamente): ma se fosse un nostro contemporaneo? Io l’ho immaginato più negli anni ’70, come fosse una specie di musicista, forse un po’ punk, forse un po’ rock …E’ un po’ “rock”, questo personaggio, no?
M.M.: Sì, è “rock”, ma… E’ un po’…un po’ “rock”, è vero: ma più che uno dei Rolling Stones, più probabilmente sarebbe Frank Zappa, uno con una competenza tecnica estrema e con una capacità di prendere in giro quello che gli capitava intorno suprema. Frank Zappa ha detto una cosa che riporto nel libro (apocrifa, perché all’epoca in cui ambiento i fatti il povero Frank Zappa era solo aspirante embrione): diceva, Zappa, che “…parlare di musica è come ballare di architettura”. Una cosa del genere basta a giustificare un’esistenza! Il fatto è questo: per dissacrare bene bisogna, prima di tutto, “conoscere”, avere una competenza. E il Ragazzoni la competenza ce l’aveva da vendere; accortosi che non riusciva, con i suoi articoli, a scardinare questo sistema nel quale non credeva- uno dei suoi articoli, “Il Paese della muffa”, lo vedrà licenziare due giorni dopo (la pubblicazione: ndr) dalla Gazzetta di Novara, della quale era stato nominato direttore un mese prima- dirà “Io del mondo me ne frego e lo prendo in giro con la mia stessa esistenza”. Quindi sì, secondo me sarebbe un Frank Zappa o probabilmente, se fosse nato ai nostri giorni sarebbe un haker, un Julian Assange, un fondatore di WikiLeaks o, meglio ancora, di Anonymous: uno di questi che prendono per il culo l’autorità costituita passando “dietro”, riuscendo a non farsi influenzare da tutto questo apparato che abbiamo intorno.
G.: …Però il collegamento, almeno teorico, con “Odore di chiuso”, un po’ c’è.
M.M.: Sì, sì, c’è, e non è solo teorico. Io già quando ho scritto “Odore di chiuso” avevo in mente di scrivere altri due capitoli dedicati a letterati sui generis: il secondo capitolo nella mia mente era già dedicato al Ragazzoni. Il terzo capitolo sarà dedicato a un altro letterato sui generis, una di quelle persone che oggi ci mancano: il “vero” professore universitario. Mi piacerebbe – e lo farò prima o poi, spero- scrivere il terzo capitolo della saga su Giuseppe Moruzzi, che è stato un grandissimo fisiologo, più volte candidato al Premio Nobel (uno dei Premi Nobel mancati dell’Italia: lo avrebbe meritato non una, ma almeno due volte), che era, al tempo stesso, un grandissimo didatta. I libri di Moruzzi (“Fisiologia della vita vegetativa” e “Fisiologia della vita di relazione”) sono libri di fisiologia, di medicina, ma si leggono come un romanzo: aveva una capacità didattica incredibile unita, cosa rara, con una capacità scientifica incredibile. Di solito, un accademico o ha l’una, o ha l’altra: quest’uomo le aveva tutte e due. Era ricchissimo di famiglia e aveva capito presto che, avendo avuto questa fortuna, poteva dedicarsi a studiare e imparare senza nessuna fretta; si laurerà non esattamente in pari, compirà anche gli studi liceali con una certa calma, comincerà a fare ricerca, diventerà “Moruzzi” e, arrivato al momento in cui, giovane rampantissimo, verrà invitato in America per diventare professore a Stanford, dirà: “No: io voglio rimanere qui in Italia, perché venire da voi in America e fare cose grandi è troppo facile. Se sono veramente quello che credo di essere riuscirò a dimostrarlo anche in Italia”. E c’è riuscito. Quindi, in epoca di “fuga dei cervelli” credo che parlare un pochino di questi personaggi che negli anni ‘40/’50 a Stanford preferivano Pisa, con tutto il brutto, tutto il disagio e tutto il lavoro che c’era da fare, beh, è una lezione per noi, perché è vero, è più conveniente andare all’estero: … poi non lamentiamoci se diventiamo nient’altro che un porto attraverso il quale dalla Turchia e dal Maghreb passano per andare in Germania o in Svezia, dove ci sono veramente le possibilità di vita. Noi, ormai, siamo diventati un crocevia, una specie di Alpitour d’Europa e del mondo: forse bisognerebbe cominciare a capire che prima ricominciamo a rifondare le cose qui, e meglio è.
G.: Beh, tu hai rischiato di essere uno di quei cervelli che stanno tanto bene dalle nostre parti, ma, ahimè, a un certo punto qualche scelta devono farla: ma questa sarebbe tutta un’altra storia… Dal punto di vista della scrittura, avere a che fare con dei personaggi così “liberi- perché tutti i tuoi protagonisti lo sono: ora parliamo di questo libro, ma anche quelli di tutti gli altri sono assolutamente spiriti liberi- che sfida è? Cioè: come fai a rapportarti con loro? Per esempio: Ragazzoni, che ha fatto sempre quello che voleva lui, contro tutto e tutti, con te è andato d’accordo?
M.M.: …E no, è stato un casino, perché, appunto, si è dimostrata ancora una volta quella cosa nella quale non credevo quando ancora non scrivevo, e cioè che i personaggi fanno quello che vogliono! Io, appunto, avevo avuto in mente una scena in cui tre persone si sfidavano a duello, una cosa alla Sergio Leone e il Ragazzoni risolveva la cosa in modo logico-matematico. Ho scritto ‘sta scena: faceva schifo. Più la leggevo e più dicevo: “No: fa schifo, fa schifo. Povero Ernesto: non l’avrebbe fatta così!”. A un certo punto, leggendo la biografia del Ragazzoni mi è venuto in mente come avrebbe fatto lui: l’ho messo lì e… Ora: non mi azzardo a dire che torna tutto e che è meraviglioso perché è un mio libro, però è molto, molto meglio di quando volevo imporre io il mio modo di ragionare al caro Ragazzoni.
G.: Sicuramente invitiamo tutti quanti a leggerti ma, come al solito, chiudo dicendoti di salutarci “i vecchietti” …che un po’ ci mancano…
M.M.: “I vecchietti” te li saluto. Mancano un po’ anche a me: però sono anziani e non possono sforzarsi troppo. Quindi, quando staranno in buona, ottima, salute li faremo tornare al bar e…vediamo cosa succede!

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