La prima volta l’ho incontrato molte estati fa, grazie a mia madre: appassionata di libri e letture, da qualche giorno la sentivo ridacchiare divertita sulle pagine di un Autore che mi era del tutto sconosciuto. “Poi te lo presto”, mi disse indicando il volume rilegato.
Così mi ritrovai immersa in un mondo, anche lessicale, del tutto differente da quello che il “solito” poliziesco mi aveva fino ad allora proposto: immersa, e anche conquistata dagli umori, dai sapori, dai colori e dalla filosofia di una Sicilia solo apparentemente moderna, ma in realtà sospesa in una dimensione temporale a sé stante, nella quale il sanguigno, onesto e intelligentissimo Commissario di Polizia Salvo Montalbano viveva e indagava.
Anche se non la visito da moltissimi anni, conosco bene la Sicilia e i Siciliani: li ritrovavo tutti, a volte fedelmente descritti, altre – più frequenti – caricaturati, e li amavo come avevo già fatto da ragazza, leggendoli nelle pagine di Giovanni Verga.
Il libro di mia madre era una raccolta di racconti, la celeberrima e celebrata “Gli arancini di Montalbano”, pubblicata nel 1999 da Mondadori: l’Autore, manco a dirlo, Andrea Camilleri.
Da quell’estate fatta di cicale nsallanùte dal caldo, di babbalùci e attuppateddi cu ‘u suco, di vossìa e cabbasìsi scassati iniziò il mio cammino a ritroso nel tempo, per leggere avidamente altre storie ed altre ancora di Salvo Montalbano e del suo universo, così attuale nelle tematiche ma antichissimo nei riti: prima lessi un’altra raccolta, ugualmente uscita per Mondadori (Un mese con Montalbano) e poi – finalmente! – il primo dei mitici librini blu.
La forma dell’acqua (Sellerio, 1994), Il cane di terracotta e Il ladro di merendine (Sellerio, 1996), La voce del violino (Sellerio, 1997), letteralmente divorati l’uno dopo l’altro per non perdere nemmeno un minuto con Salvo, Mimì, Fazio, Catarella e i meravigliosi piatti della cammarèra Adelina, mi hanno fatto compagnia in epici pomeriggi di letture, sorrisi e “sicilianitudine” (… se, a differenza del correttore automatico che lo censura, voi mi passate il neologismo).
Nel frattempo, la Rai aveva cominciato a trasmettere la serie tv tratta da “Montalbano”: confesso che la scelta di fare interpretare Montalbano da Luca Zingaretti (che aveva lasciato una promettentissima carriera di calciatore per amore del teatro e che allora era poco conosciuto, malgrado numerose partecipazioni a opere teatrali e cinematografiche) mi aveva lasciata interdetta.
Nella mia mente, infatti, seguendo le indicazioni di Camilleri, mi figuravo che a indagare per le strade di Vigàta fosse Domenico Modugno, secondo me perfetto per il ruolo, se il grandissimo artista (il quale, prima che straordinario cantautore, era stato uno dei migliori allievi dell’Accademia di Arte Drammatica di Roma, nella quale avrebbe poi insegnato lo stesso Camilleri) fosse stato ancora fra noi.
Del resto, nel 1984 Mimmo Modugno aveva interpretato per la tv un racconto di Sciascia sceneggiato dallo stesso Camilleri e, come sappiamo, pur essendo pugliese, molti lo ritenevano siciliano: e in Sicilia, a Lampedusa, guardando il mare in cui nuota Montalbano, Modugno si era spento, nel 1994.
Insomma, più ci pensavo e più immaginavo Montalbano con le fattezze, la voce, l’energia di Modugno, convinta che proprio su di lui Camilleri avesse costruito il suo protagonista.
Ma Zingaretti, col suo formidabile carisma, si rivelò da subito la scelta vincente. Quando l’ho intervistato (e, se ne avessi il tempo e non temessi di annoiarvi, vi racconterei un divertente retroscena di quel piacevole incontro), Zingaretti ha detto anche a me quello che da sempre ricordava:
“Quando mi hanno proposto Montalbano ho avuto molti dubbi, temevo di non essere all’altezza: e poi c’era la questione che Camilleri era stato mio insegnante in Accademia e avevo paura di deluderlo. Così gli telefonai: “Andrea, che devo fare? Accetto? Tu che dici?”. “Luca, non mi rompere i cabbasìsi” fu la risposta.
(… In perfetto stile dottor Pasquano, che – sempre secondo me – a Camilleri somiglia assai).
Da allora altri romanzi, altri protagonisti, altre storie sono usciti dalla mente magnifica di Camilleri, scrittore prolifico e così potente da avere cambiato, solo con la forza della sua Arte, persino il nome della sua città natale, che è poi la stessa di Montalbano: Porto Empedocle, infatti, nel 2003 ha chiesto e ottenuto da Camilleri l’autorizzazione di chiamarsi anche “Vigàta”.
“Con la presente, ritenendomi estremamente onorato della proposta, consento acchè il Comune di Porto Empedocle utilizzi la parola ‘Vigata’ accanto alla propria denominazione ufficiale Porto Empedocle”, ha risposto l’Autore e così è stato messo agli atti del Comune.
Oggi Andrea Camilleri compie 91 anni: ha ancora mille storie da raccontare, che detta perché ci vede pochissimo… ma solo con gli occhi “veri”; per il resto, il suo sguardo lucido e intelligente, sarcastico e umanissimo, continua a segnalare ai lettori ciò che succede nel nostro Paese, a ragionarci su e a far scegliere (specie a noi che facciamo il loro mestiere) se si vuole stare dalla parte di Nicolò Zito di Rete Libera o di Pippo Ragonese e della sua asservita Televigàta.
E per quanto poco contino, voglio anche io fare gli auguri al grande Camilleri: … e lo faccio di pirsona pirsonalmente, of course.
(G.P.)
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(immagine da www.famigliacristiana.it)