“Distillati”, Centauria
Periodicità: due uscite mensili, in edicola
Prezzo: € 3,90 (salvo variazione aliquote fiscali)
Ho chiesto agli amici di facebook di spiegarmi quali siano i criteri che li guidano nella scelta di un libro e le risposte che ho ricevuto sono del tutto compatibili con i dati statistici relativi al 2015, raccolti dall’Istat su scala nazionale.
La risposta numericamente maggiore e più immediata è arrivata dalle donne, che si confermano lettrici forti e attente; la notorietà di un autore o di un titolo non sembrano avere particolare influenza su chi legge, mentre il “genere” è fondamentale; non mancano riserve e proteste per i prezzi dei libri, giudicati eccessivi anche in rapporto alla veste grafica (carta mediocre, caratteri troppo piccoli, illustrazioni al minimo o del tutto mancanti, eccetera); un’altra protesta riguarda la difficoltà per gli esordienti di trovare spazio presso i grandi editori, secondo alcuni molto più interessati a “fare cassetta” che alla qualità delle proposte, al contrario dei piccoli-medi editori che, invece, sarebbero molto più attenti; risulta scarso o minimo l’appeal degli e-book, che sembrano restare una sorta di seconda scelta operata da chi legge soprattutto mentre è in viaggio e trova più agevole il formato elettronico (ma altri, pur leggendo soprattutto in treno, continuano a preferire il formato tradizionale, per ingombrante che sia). Molto interessante, infine, l’accenno al ruolo delle biblioteche pubbliche, preziose se si vuole leggere molto spendendo il minimo.
Le amiche e gli amici che hanno risposto alla mia piccola inchiesta sono comunque tutti dei “forti lettori”, visto che leggono molti libri l’anno e questa è la vera indicazione diversa rispetto ai dati nazionali, che invece sono del tutto sconfortanti: infatti, secondo le più recenti rilevazioni, nel 2015 quasi il 60% degli Italiani non ha letto nemmeno un libro; i lettori peggiori sarebbero i laureati, i politici e i manager (con meno di un libro l’anno); le donne leggono più degli uomini.
Come dicevo, una realtà sconfortante.
La scarsità di tempo da dedicare alla lettura sembra essere una delle maggiori cause di disaffezione: se un libro ha più di trecento pagine viene a volte scartato perché considerato troppo impegnativo. E’ interessante notare che molti di coloro che leggono “meno di un libro l’anno” (cioè niente, tradotto in parole semplici) sono invece interessati al cinema e alle fiction televisive tratte da opere di narrativa: del resto, ci vuole molto meno a vedere un film che a leggere un libro.
Non è la stessa cosa, evidentemente: però, partendo proprio da queste constatazioni e accompagnata dagli slogan “best seller da leggere nel tempo di un film”,“ l’originale distillato in meno della metà delle pagine” e“ abbiamo ridotto le pagine, non il piacere”, il 29 dicembre 2015 è arrivata in edicola una nuova iniziativa editoriale che non ha mancato di suscitare attenzione e, inutile nasconderlo, più di qualche protesta: si tratta dei “Distillati”, una collana in cui Centauria (editrice nata con l’acquisizione di Fabbri Collezionabili dal Gruppo RCS) propone ogni mese due best sellers, italiani o stranieri, condensati (appunto, distillati) in un numero di pagine significativamente inferiore all’originale.
I primi due titoli sono stati “Venuto al mondo”, di Margaret Mazzantini e “Uomini che odiano le donne”, di Stieg Larsson, seguiti da “Il dio del fiume”, di Wilbur Smith, “La solitudine dei numeri primi”, di Paolo Giordano, “Le parole che non ti ho detto”, di Nicholas Sparks e “Il socio”, di John Grisham: tutti libri di enorme successo, tutti già tradotti sul grande schermo e tutti volumi di svariate centinaia di pagine, distillati in duecento o poco più (circa un terzo dell’integrale), acquistabili in edicola a 3,90 euro ciascuno.
E’ fondamentale spiegare che non si tratta di riassunti degli originali, ma di una operazione del tutto simile a quella operata per decenni dal “Reader’s digest”, la fortunata rivista nata negli Stati Uniti negli anni ’20 e venduta con successo anche nel nostro Paese fino al 2007. Come accennavo, in molti fra i lettori e gli addetti ai lavori hanno sollevato aspre critiche: togliere intere parti da un’opera significa snaturarla, violarla, distruggerne il valore, sostengono.
Per saperne di più, ho intervistato l’ideatore e curatore dell’iniziativa, Giulio Lattanzi: riassumerne la quasi quarantennale esperienza nel settore editoriale è cosa assai ardua, ma ci proverò. Lattanzi inizia in Mondadori (1979-90) e successivamente entra in Rcs dove, dopo avere ricoperto altri incarichi, fino al 2013 è Direttore Generale e Amministratore Delegato di RCS Libri, (che controlla Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Sonzogno, Marsilio, Adelphi, Etas, Nuova Italia), Francia (Groupe Frammarion) e USA (Rizzoli New York), e Direttore Generale di RCS Quotidiani divisione di RCS (“Corriere della Sera” e “Gazzetta dello Sport”). Già direttore Marketing di “Club degli Editori”, membro della giuria del Premio Strega, oggi è, fra l’altro, socio e consigliere di amministrazione di Centauria Srl. Insomma, Lattanzi è “uno del mestiere” e sa molto bene che dovrà curare al massimo la comunicazione per convincere il pubblico che la sua idea è quella di avvicinare ai libri, non di rottamare la lettura.
Che ne penso io? Naturalmente ho una mia opinione, ma nel momento in cui scrivo non ho ancora letto alcun distillato e preferisco non pronunciarmi senza una precisa cognizione di causa: però mi premeva segnalarvi questa iniziativa e, possibilmente, conoscere il vostro parere. In ogni caso, per sapere se l’idea di Lattanzi sarà stata davvero vincente non resta che aspettare e valutare gli esiti delle vendite.
Ecco l’intervista a Giulio Lattanzi, il cui sonoro originale trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.
Canzone consigliata: ” Wuthering heights”, Kate Bush
Giancarla: Ci descrive questo nuovo progetto editoriale? Questi “Distillati” che cosa sono?
Giulio Lattanzi: “I Distillati” riprendono una vecchia idea, quella dei digest e quindi della, diciamo così, “riduzione” del libro operando dei tagli; in nessun modo ci sono pezzi di riassunti, è semplicemente un lavoro di “asciugatura”, che cerca di tenere insieme la trama e la voce dell’Autore, un po’ come avviene nella riduzione cinematografica, però lasciando il romanzo per quello che è. E’ una iniziativa che ha come obiettivo certamente quelli che generalmente vengono definiti “lettori deboli”, saltuari, a cui abbiamo provato a proporre di poter leggere un romanzo in un tempo più breve di quello che l’originale, l’intero, la versione integrale richiederebbe.
G.: Lei ha detto che non intervenite sulla trama, però di sicuro intervenite pesantemente, perché si tratta di volumi che in originale hanno svariate centinaia di pagine e voi, appunto, li “distillate”.
G.L.: Esatto.
G.: Allora, più nello specifico, quali sono i criteri che seguite?
G.L.: Beh, ogni libro fa storia a sé: ci sono processi che abbiamo messo a punto anche cercando di andare a riguardare i modelli già esistenti di digest e quindi capire che cosa mantenere e che cosa sacrificare. In qualche misura, rispetto a questo criterio, ci sono letture successive cui si può rinunciare e, via via, una verifica del fatto che poi “tutto torni”, cioè sia mantenuta la parte necessaria (il termine è sempre difficile, ma…) e, viceversa, si possano togliere sequenze narrative o scene che non influenzano la definizione della trama.
G.: …Cioè vi mettete, se capisco bene, nei panni del “lettore debole” al quale lei si riferiva prima, essendo però voi lettori “fortissimi”! Insomma: un lavoro non indifferente.
G.L.: Il lavoro è stato anche interessante dal punto di vista del team. Noi abbiamo fatto un po’ di ricerche prima, per cercare di capire se l’idea aveva un senso essendo, appunto, l’attualizzazione di una cosa che ricorda gli anni ’60, che aveva un nome anche in Italia, il condensato, e cercando di capire se alle edicole e al fatto di fare un libro per volta attenesse a un senso: nella ricerca, certamente il nucleo forte sono quelli che dichiarano di leggere uno o due libri l’anno, ma c’è una parte anche che riguarda i lettori forti i quali dicono “Quel libro probabilmente non l’avrei letto, però se me lo dai in duecento pagine …”. Io penso che il “bisogno”, se possiamo chiamarlo così, non riguardi necessariamente un profilo preciso di lettore, ma può essere anche legato ad occasioni (quando vai in treno, quando fai un viaggio breve, quando hai un’attesa): l’idea potrebbe essere quella di leggere in poco tempo, perché (il distillato) mantiene comunque l’unità. Se Twitter è in centoquaranta caratteri, forse si può provare a distillare, senza pensare di stuprare la letteratura, ovviamente.
G.: Ecco, affrontiamo anche la questione delle critiche sollevate attorno a questo progetto: c’è stato chi ha gridato alla profanazione, al sacrilegio, all’attentato nei confronti della lettura. Lei come risponde a queste accuse?
G.L.: Io penso che ormai ci sono mezzi che consentono a ciascuno di esprimere giudizi: mi sembrano obiezioni abbastanza facili, a cui si può rispondere “Nessuno impone di leggerli; non è che sostituisce (l’originale), non è che per definizione diciamo che “…è meglio di…”; potremmo dare risposte “culturali”, del tipo che una volta che uno legge il distillato ritrova la voce puntuale dell’Autore, perché rimane il libro dell’Autore, potrebbe apprezzarlo e decidere di volerne leggere di più e altri in versione integrale. Ma, dico, se volessi dare una risposta sullo stesso tono: ma francamente trovo che è proprio esagerato voler obiettare. Siamo un popolo di tantissimi scrittori e pochissimi lettori, ma poi quei pochi che leggono se la prendono con chi legge cose considerate di livello non letterario. Io non penso che questa sia un’operazione letteraria, ovviamente, penso che però ,… forse sì, potrebbe essere la pretesa ideologica di convincere chi non vuol leggere: l’idea era proprio quella, tenendo conto di quello che succede intorno, di quante sono le alternative, di come tutto sembri essere sempre più veloce, necessiti di velocità e, al tempo stesso, di voler avere “l’intero”, di possedere la cosa… Questa poteva essere una risposta. Poi vedremo: sicuramente non mi faccio il portatore di un’idea di innovazione culturale.
G.: In preparazione di questa intervista, della quale la ringrazio ancora, sono andata a guardare gli ultimi dati relativi al numero di lettori in Italia, quelli relativi al 2015: parlano di un 58,8% di Italiani che legge “meno di un libro l’anno” e, all’interno di questa percentuale che è preoccupantissima…
G.L.: … Eh sì, anche perché “meno di un libro l’anno” è zero!
G.: Esatto: però, quelli che leggono ancora meno sono, per me in maniera assolutamente inattesa, coloro che hanno una cultura universitaria e addirittura manager e uomini politici, cioè persone che dovrebbero frequentare la lettura ancora di più. Nella preparazione del piano editoriale, di che target vi siete occupati/preoccupati? Questo medio-alto, o quale altro?
G.L.: No, un po’ più semplicemente abbiamo scelto di inserire i best-seller, immaginando che tutto ciò che ha (lo dico in modo un po’ greve) venduto molto evidentemente è trasversale ai target… se i target esistono, perché poi sulla lettura è veramente difficile… Certo, c’è chi dice che la lettura in generale è più femminile, poi ci sono i thriller, però alla fine il criterio che abbiamo seguito è stato quello di scegliere titoli che siano noti; è chiaro che, pensando ad una iniziativa che può durare nel tempo, si possono fare degli esperimenti e quindi cercare di verificare lo spirito di questa iniziativa da un punto di vista “laico”. Faremo dei tentativi: si può provare anche con il “classico”, con il massimo di urli e strepiti… (In una intervista mi hanno ricordato l’Iliade di Baricco, in cui non si descriveva lo scudo di Achille: certamente le due cose non hanno legami). Di sicuro ha poco senso “distillare” un Autore poco noto: noi abbiamo messo insieme Larsson, Mazzantini, Smith e Giordano. Certamente i primi (Distillati) hanno tutti avuto anche una declinazione cinematografica, il che in qualche misura aiuta a dire che è un racconto condensabile in un paio d’ore.
G.: In effetti siete partiti con libri di successo, ma anche abbastanza impegnativi: è una dichiarazione di intenti anche sui contenuti?
G.L.: E’ una bella domanda: non so se dirla così, ma l’idea era quella di offrire, per quanto in questa forma “distillata”, anche libri che hanno un contenuto non di pura evasione. Poi vedremo nell’arco del tempo se questo (progetto) si trasforma, se dà differenze, se va meglio, se va peggio…
G.: Ma ci vuole più audacia o – mi permetta- più incoscienza, anche dati i tempi, a iniziare una impresa come questa?
G.L.: …Più audacia o più incoscienza? … Devo fare una riflessione su qual è la differenza fra audacia e incoscienza…! Posso dire questo: dal punto di vista del progetto abbiamo provato a seguire tutti i passaggi che si dovrebbero fare. Non è semplicemente innamorarsi di un’idea e buttarla fuori, anche perché il lavoro è stato lungo: prima abbiamo cercato di capire se, per esempio, esistevano dei criteri codificati di come si fa o si è fatto il digest nel mondo e abbiamo intervistato alcuni che avevano fatto, negli Stati Uniti, gli editor di questi libri, per scoprire che non c’erano linee guida; poi abbiamo provato a distillarne alcuni per vedere se l’operazione fosse fattibile dal team che avevamo messo insieme e abbiamo fatto una ricerca sottoponendo questi primi distillati alla lettura. Il tema principale era far capire che cosa fossero: il livello di gradimento cresceva dopo averli letti, il che ci diceva che il progetto, così come lo esponevamo nella ricerca ma come lo avremmo immaginato di esporre poi in pubblicità, era di difficile comprensione. Ci dicevano: “Ma cos’è? Un riassunto? Una antologia?”. Questo rimane il problema principale: far capire che cos’è, come è fatto un libro distillato. Poi però abbiamo fatto una ricerca e abbiamo cercato di costruire la comunicazione, di rivederla in più occasioni per cercare di capire se riuscivamo a costruire un’offerta: quindi, da questo punto di vista, “incoscienza” no, ma “audacia” di sicuro! E’ sicuramente audacia, perché abbiamo dovuto – ed è stato un lavoro non semplice – contattare gli Editori egli Autori e ottenere i diritti, perché non si può distillare un libro all’insaputa e senza contrattualizzarlo con l’Editore italiano e l’Autore.
G.: E, a proposito, gli Autori cosa dicono?
G.L.: Ah no, le opinioni non le so: ci sono dei “sì” e dei “no”. Gli Autori americani sono più abituati: nei contratti americani è già previsto il diritto digest (nonostante quelli che protestano, addirittura i contratti lo prevedono) e non è neanche un diritto accessorio da discutere; in Italia non c’è più questa abitudine e c’è la possibilità di dire “sì” o “no”, e abbiamo avuto risposte diverse. E’ chiaro che il mio pensiero è appunto che, se l’iniziativa va avanti e trova un riscontro sufficiente, altri scrittori che magari all’inizio hanno detto “Ci penso, vediamo, non so cos’è” poi potrebbero dire sì.
G.: Ma lei, anche data la sua esperienza professionale, che tipo di lettore era e che tipo di lettore è oggi?
G.L.: Mah, io, messo dall’esterno avrei guardato con simpatia (i Distillati) – ma questo è abbastanza ovvio- perché mi considero un lettore onnivoro; ho fatto libri per tutta la mia vita professionale, a parte una parentesi ai quotidiani, incominciando da “Club degli Editori”, quindi da un posto dove c’era molta attenzione alla “domanda” perché “l’offerta” non nasceva dagli Editori da cui il Club prendeva i libri. Poi, pur essendo finito a dirigere un gruppo in cui c’erano delle editrici anche molto importanti nel panorama letterario italiano, ho sempre mantenuto l’idea che tutto ciò che assume un carattere un po’ snobistico fa male alla diffusione del libro e della lettura: quindi mi piacciono libri tra i più vari, certamente più narrativa che saggistica. Per mestiere ho letto tutto quello che vende molte copie: mi incuriosisce e ho sempre cercato di capire cosa c’è dietro a un successo di vendite, perché, essendo nell’industria dei libri, è bene capire le cose che danno risultati, indipendentemente dalla valutazione qualitativa. Mi sono piaciuti moltissimo libri che non hanno venduto per niente e viceversa: però era interessante cercare di capire i libri importanti, da Dan Brown a “Harry Potter”, anche le “Cinquanta sfumature”…
G.: Le “famigerate”…
G.L.: Sì, ma io non considero mai un libro “famigerato”: penso che, come si diceva una volta, sarebbe un po’ “disprezzo delle masse”! Se il libro è letto da tantissima gente qualche cosa dentro avrà, no? Sarà la costruzione, molto raffinata dal punto di vista commerciale, però se uno vende milioni di copie a milioni di persone che lo leggono io ho grandissimo rispetto.
G.: Certo. La ringrazio davvero tanto: magari ci potremmo risentire tra qualche tempo per verificare e fare un piccolo bilancio di questi “Distillati”, che lo sono anche nel prezzo (…sarà bene ricordarlo).
G.L.: Ecco: grazie!