Quando, nell’oramai lontano 2005, La 7 cominciò a trasmettere il programma “S.O.S. Tata” ne diventai da subito spettatrice affezionata.
Si trattava della versione italiana di “Nanny”, un format statunitense che prevede che alcune tate (o, più propriamente, istitutrici), come la Mary Poppins letteraria di P. L. Travers o quella cinematografica di Walt Disney cui chiaramente si ispira, accorrano in aiuto di genitori che hanno problemi educativi e relazionali con i figli di età compresa fra i due ed i dodici anni: dopo alcuni giorni, valutate le dinamiche del nucleo familiare in crisi, le tate suggeriscono a genitori e figli i comportamenti corretti per appianare le difficoltà.
Non avendo bambini di quell’età non avevo un interesse diretto a seguire il programma, ma ne venni lo stesso conquistata grazie alla carismatica Tata- capo, una signora poco più che sessantenne dall’aria austera e la spiccata cadenza meneghina, che in pochissimo tempo arrivò al cuore di migliaia di spettatori come me, decretando di fatto il successo della trasmissione: parlo, ovviamente, della mitica Tata Lucia.
Tata Lucia, del resto, non era “solo” un personaggio televisivo: Lucia Rizzi, infatti, sotto la specie paciosa di una signora dallo sguardo severo pronto ad addolcirsi davanti ai bambini, è una pedagogista che si è laureata negli Stati Uniti specializzandosi in psicologia infantile ed è diventata ricercatrice di pedagogia presso il Child Development Center dell’Università della California; non bastasse, è una super esperta, nota a livello internazionale, di sindrome da deficit di attenzione ed iperattività e in questa veste ha collaborato anche con gli ospedali, impartendo elementi di terapia comportamentale a genitori e insegnanti; e poi, se nemmeno tutto questo fosse ancora sufficiente, è stata lei stessa insegnante per oltre trent’anni.
Insomma, una professionista con una solida esperienza teorica e pratica in campo pedagogico.
Quindi, quando nel 2008 Tata Lucia pubblicò per Rizzoli il suo primo libro (“Fate i bravi”) non mi feci sfuggire l’occasione di chiederle una intervista: la chiamai e lei accettò gentilmente, con grande semplicità.
In tutti questi decenni di professione ho avuto ed ho il privilegio di intervistare tantissimi personaggi di fama anche internazionale, per avvicinare i quali la gente si accalca ed entusiasma a volte sino all’isteria; a me, al contrario, non è mai stata la notorietà del soggetto a far battere forte il cuore.
Semplicemente, sono sempre felice ed emozionata quando posso intervistare chi incontra la mia totale stima, che sia o meno famoso.
Beh, non potete immaginare l’emozione che ho provato sentendo al telefono la voce di Lucia Rizzi e quella sua cadenza così inconfondibile: però anche i miei colleghi erano in fibrillazione sapendo del suo arrivo negli studi della radio, e persino nella redazione della televisione, a Roma, l’entusiasmo per la sua presenza fu tale che già quello stesso pomeriggio venni contattata da una collega che voleva invitarla in un suo programma, a testimonianza che per tutti Tata Lucia era una vera, rispettata e amatissima star.
Il mio programma durava un mezz’oretta e dunque c’era il tempo per parlare con calma del libro ma anche, fuori onda, di tante altre cose.
Tata Lucia (o “professoressa Rizzi”, come con grande rispetto ho ritenuto opportuno rivolgermi a lei durante il nostro incontro) si rivelò di una semplicità disarmante, confidandomi a microfono spento anche delicatissimi episodi della sua vita privata come quello che, ad un certo punto, ha rappresentato un punto di svolta, anzi, un totale ribaltamento della sua esistenza.
Alla fine dell’intervista, dopo le foto di rito, le consegnai un piccolo regalo: un sacchetto con ritagli di “ostia”.
Lei sorrise divertita, perché quel regalo inconsueto aveva una precisa ragion d’essere: dopo la morte improvvisa e prematura del padre, da ragazza dovette stare in collegio allontanandosi dalla sua famiglia così amata; nel tempo libero dallo studio, le piaceva aiutare le suore a preparare queste cialde per la Messa e loro, come premio, le regalavano i ritagli residui.
Avevo saputo questo fatto, mi aveva commosso e anche se non mi era stato facile reperirli assolutamente volevo farle avere questi semplici pezzettini di cialda, in omaggio alla sua intelligenza e alla grande umanità.
Un anno dopo, Torino, Salone Internazionale del Libro.
Ero nello stand della radio e mi preparavo per le interviste e i collegamenti in diretta quando ho visto venire verso di me, sorridente, una persona dalla tipica andatura lenta e un po’ caracollante: in una mano aveva un cono gelato e nell’altra una borsa, portata (anzi, quasi trascinata) distrattamente.
Una signora qualsiasi, si sarebbe detto, una delle migliaia di visitatori del Salone: invece no, era proprio la Tata Lucia, che aveva saputo della mia presenza alla manifestazione e aveva deciso di venirmi a salutare!
Quando la vidi mi agitai così tanto (ve l’ho detto, per me questa donna è un Mito), che mi slanciai verso di lei per salutarla, dimenticandomi totalmente che ero “legata” al tavolo dalla cuffia: per fortuna me ne accorsi appena in tempo per evitare il disastro, ma lo stesso trascinai con me tutti i fogli che avevo raccolto, le biro posate sui fogli, i giornali che stavo leggendo, aperti a coprire biro e fogli, e persino lo sgabello sul quale stavo appollaiata, facendo volare tutto per aria con un effetto comico irresistibile, a giudicare dalle risate della mia collega Ida Guglielmotti, che poi mi avrebbe descritto la scena; io, di mio, di tutto quel macello manco mi ero accorta.
Ora Tata Lucia, alias Lucia Rizzi, è nuovamente in televisione con la serie “Nanny”, nella quale ritorna a portare il sereno nelle famiglie che ne hanno bisogno: ovviamente ve ne consiglio la visione, ma siccome qui parliamo di libri vi consiglio certamente e ancora di più, specie se siete genitori o educatori, la lettura di tutti i suoi, sempre pubblicati da Rizzoli, a cominciare da quello per me fondamentale: “Fate i bravi”, dal quale estrapolo questo consiglio quanto mai oggi attuale:
“E’ necessario che i nostri figli recuperino il senso del rispetto verso se stessi e verso gli altri!”.
Meditate, gente, meditate…
(Giancarla Paladini)
(nella foto: Lucia Rizzi e Giancarla, archivio personale)