“Quello che ancora non sai di me”:chiacchierata con Virginia Bramati

Virginia Bramati

VIRGINIA BRAMATI, “QUELLO CHE ANCORA NON SAI DI ME”, GIUNTI EDITORE

Pagg 300

€ 14,90

Audio intervista a Virginia Bramati

Amici, il libro che sto per proporvi è il nuovo romanzo di Virginia Bramati: “Quello che ancora non sai di me” (Giunti Editore).

Chi segue questo blog (a proposito: grazie!), già conosce Virginia Bramati, che ho avuto più volte il piacere di presentare, e anche se non ha mai letto i suoi libri sa che di loro e della loro Autrice dirò solo bene; d’altra parte io già so che, trattandosi di romanzi in cui si parla d’amore, qualcuno di… “quellicheleggonosololibriimpegnati” a questo punto avrà storto il naso e, voltata sdegnosamente la prua, starà navigando verso altri lidi e altri blog.

Pazienza.

Ed ora che siamo rimasti in pace e serenità fra di noi, lettori “normali” (cioè che non giudicano aprioristicamente e altezzosamente un libro), parliamo pure di questo romanzo che segna il ritorno ai suoi molti e affezionati lettori di una scrittrice dalle tante qualità.

La prima, ovviamente, è la capacità di coinvolgerci nelle storie che racconta: storie semplici e pulite, i cui protagonisti potremmo quotidianamente incontrare per strada, al supermercato o dal parrucchiere.

Altra dote della Autrice è quella di possedere una scrittura tecnicamente impeccabile: punteggiatura, lessico, dialoghi, tutto è a posto nei suoi libri, anzi “a postissimo”.

E se tutto questo vi pare ancora poco, beh, sappiate che nei suoi romanzi, al di là dell’invenzione letteraria, ci sono sempre precisi riferimenti alla vita reale, ombre comprese: il che significa che Virginia Bramati ha anche il dono della leggerezza, che nelle sue pagine non fa certamente rima con “vacuità”.

Al contrario, Virginia Bramati ci ha già parlato di chi debutta, fresco di studi e di illusioni, nel difficile mondo del lavoro in una metropoli frenetica e anaffettiva (“Tutta colpa della neve”), o di chi, per amore della sua famiglia, lascia un brillante avvenire professionale in una metropoli internazionale (“Meno cinque alla felicità); di chi, al contrario, perde il lavoro ed è costretta a reinventarsene un altro (“Cercasi amore vista lago”) e di chi vuole affermarsi nella vita seguendo i suoi sogni e non quelli degli altri  (“E se fosse un segreto?”); ci ha parlato, Virginia Bramati, persino dei sogni e dei pensieri di Agnese, portandoci senza fatica nel suo mondo di adolescente.

E tuttavia forse mai come in “Quello che ancora non sai di meVirginia Bramati si cala nella vita reale, a cominciare da quella tutt’altro che semplice di un gruppo di adolescenti accolto in una casa- famiglia sul lago di Garda dove Luca, un avvocato che non vuole più frequentare le aule di tribunale ma cerca di aiutarli, non senza fatica, a costruire un futuro sicuramente più sereno del passato; c’è poi Caterina, insegnante di lettere che ha lasciato la sua Calabria (leggete il libro e scoprirete perché) per trasferirsi sulle sponde di quello stesso lago; infine c’è Carla, parrucchiera con la incontenibile passione per le tinte, i tagli di capelli, i libri e i cuori infranti da riaggiustare.

La vicenda è raccontata in prima persona dai tre protagonisti principali, trovata che rende ancora più agile la costruzione della trama. Come al solito, menzione speciale per i dialoghi.

Leggete senza preconcetti questo bel libro, voi che non avete letto nulla della stessa Autrice, e alla fine mi darete ragione quando affermo che la qualità maggiore di Virginia Bramati è quella di far star bene i lettori; chi invece già la conosce, sa di che cosa sto parlando: e qui vi farò una confidenza.

Ho letto “Quello che ancora non sai di me” in giornate per me un po’… complicate e voglio dichiarare che il tempo trascorso in sua compagnia è stato lieve, piacevole, ben speso: di questo non finirò mai di ringraziare Virginia Bramati, la sua intelligenza, la sua sensibilità, il suo buon umore.

Consigliata? Consigliatissima.

L’Autore:

Virginia Bramati vive e lavora a Milano. Ha esordito in rete con un ebook che da fenomeno del web si è presto trasformato anche in un libro di carta, diventato in poco tempo un best seller: “Tutta colpa della neve (e anche un po’ di New York)”, (Mondadori 2014). In seguito ha pubblicato “Meno cinque alla felicità”, “E se fosse un segreto?” e “Cercasi amore vista lago”. “Quello che ancora non sai di me” è il suo nuovo romanzo, pubblicato da Giunti Editore.

Ecco l’intervista a Virginia Bramati, il cui sonoro trovate in alto, nella sezione audio di questa pagina.

Canzone consigliata: “Sorprendimi”, Stadio.

Giancarla: Eccomi con Virginia Bramati, che desideravo tanto ritrovare, ritrovando anche le sue nuove pagine della sua più recente fatica editoriale, il romanzo “Quello che ancora non sai di me”: come sono contenta!

Virginia Bramati: Anch’io, moltissimo! Grazie di questa opportunità… E poi ti ricordo che mi hai intervistato sin dal mio primo libro: sei stata fra le prime a cercarmi e a intervistarmi, un’intervista che mi ricordo ancora, che mi è rimasta nel cuore, come tutte le altre…

G.: Grazie: … ma libri come i tuoi regalano momenti di grande pace, di grande serenità. E ora sai che ti tocca raccontarci brevemente qualcosa della storia che troviamo in queste pagine.

V.B.: I protagonisti sono tre e tre sono le voci narranti. In questo libro volevo che venissero fuori i pensieri, gli umori, le emozioni di tutti i protagonisti.Non volendo scegliere la voce del “narratore onnisciente”, che mi sembra sempre un po’ arrogante, ho scelto di far parlare tutti e tre: Carla, parrucchiera di Sirmione, che fa da deus ex machina e terrà le fila di questa storia; Caterina, una ragazza calabrese professoressa di greco e latino, che si trova a insegnare italiano al Nord e “fugge” dal Sud; infine Luca, avvocato strappato alle aule di tribunale per occuparsi di una casa-famiglia sul Lago di Garda, anche lui allontanato dalla sua casa milanese. Sono persone che “cercano” e, forse, troveranno.

G.: Eh già, chi lo sa?… Perché nei libri di Virginia Bramati c’è sempre un aspetto un po’… giallo… Comunque, raccontare la stessa scena da tre punti di vista differenti aiuta ancora di più il lettore a immedesimarsi nei pensieri dei vari personaggi: ma per te, come scrittrice, é stato più difficile o del tutto naturale?

V.B.: Sicuramente è più complicato cercare di non ripetere le stesse cose, anche se viste con occhi diversi: si deve cercare, in ogni capitolo, in ogni voce, di aggiungere dettagli, qualcosa che non si era detto e spiega e rivela anche quello che le altre voci avevano detto. Per il resto no: è stato bellissimo “pensare” come Carla, o Caterina, o come Luca, che è una figura maschile che ho amato moltissimo.

G.: Nei tuoi libri, fino ad oggi, le vere protagoniste erano le figure femminili, anche se c’erano ovviamente anche dei co-protagonisti maschili molto importanti: sempre ragazze e donne “vincenti”, perché hanno una visione compiuta di se stesse.

V.B.: Beh, io sono cresciuta in una famiglia “al femminile”: mia madre era una donna di grande polso ed eravamo in tre sorelle, quindi non mi sono mai resa conto, finché non sono arrivata alle scuole superiori, dei limiti imposti dalla società alle donne (ti parlo delle donne degli anni ’70) e me ne sono stupita, perché a casa mia di limiti non ce ne erano: noi facevamo tutto e venivamo spinte a fare tutto, anche a giocare con i ragazzi. Non c’erano problemi, né abbiamo mai visto la figura maschile come contrapposta a noi, ma al contrario assolutamente vicina. Quindi sì, le mie donne sono come me, come sono cresciuta io: libere dai condizionamenti, pronte a prendere in mano la loro vita, libere e pronte a decidere per sé.

G.: Tu hai un modo di raccontare i pensieri dei protagonisti, un modo di farli parlare, che è assolutamente tuo, originalissimo e, se mi permetti questo aggettivo, delizioso: lo so, questa definizione è un po’ zuccherosa, però…

V.B.: No, no: mi piace moltissimo!

G.: E’ il tuo modo di parlare e quindi trasferisci il tuo linguaggio in una prosa che appartiene a persone molto diverse da te e molto diverse fra di loro, come in questo libro: a ciascuno dai una precisa tipicità, ma in ognuno ci sei tu.

V.B.: Mi è venuto spontaneo, scrivere mi viene spontaneo, non c’è uno schema: quando scrivo di Luca sono Luca, un uomo di trentacinque- quarant’anni, e quando scrivo di Caterina sono Caterina, ma io mi sono sentita anche molto Agnese, la protagonista del mio libro precedente, che ha diciannove anni, mi sono proprio sentita lei. Penso che le emozioni siano uguali per tutti anche se è vero, forse gli uomini hanno un atteggiamento diverso rispetto alla vita. Qui c’è un uomo sensibile che non è il solito “vincente”, unico “dio” come era Max (dal romanzo “Tutta colpa della neve”, della stessa Autrice: n.d.r), una persona molto sicura, o Stefano Parodi Valsecchi (dal romanzo “E se fosse un segreto”, della stessa Autrice: n.d.r): Luca è un uomo che ha dei limiti e se li sente molto addosso ed è per questo che lo trovo un personaggio molto reale. Carla… beh, Carla sono io: abbiamo la stessa età e poi anche io sono una ficcanaso pazzesca, lo riconosco: i miei tentativi di mettere insieme ragazzi e ragazze sono sempre falliti, però mi riconosco più in lei che in altri…E mi riconosco molto nella Mandelli…

G.: Ah, certo! Parleremo anche della Mandelli, ma intanto andiamo per ordine. Carla esiste (al di là della tua identificazione col personaggio): hai preso dalla realtà l’idea di questa parrucchiera che ama moltissimo i libri e li condivide con le clienti.

V.B.: Esatto: io prendo tutto dalla vita, ma lo faccio in particolare in questo libro. Per il precedente“Cercasi amore vista lago” ero stata invitata sul lago di Garda ad una presentazione in un negozio di parrucchiera dove ogni venerdì si riunisce un club di lettura: era stata una serata magnifica, con molte persone che facevano domande e l’intervistatrice intelligente e profonda. Quando sono tornata in Casa Editrice ho parlato della serata e di questo book-crossing alla mia editor, che mi ha detto di raccontarla… e infatti l’abbiamo raccontata: doveva essere raccontata, era molto originale e bella. Quando poi sono andata a Desenzano ho incontrato una vicepreside, che mi ha raccontato che dipingeva le appliques e cambiava le tende della sua scuola, che sua madre aveva una badante di un Paese dell’Est e che era lei, immagino in aereo, ad accompagnarla a casa a Natale.  Mi è rimasta impressa questa figura di vicepreside, una donna molto di polso, e così dovendo creare il personaggio di una assistente sociale l’ho modellato su di lei, un persona che mi piace molto: e infatti la Mandelli mi piace molto.

G.: Ah sì, noi l’adoriamo e magari la ritroveremo, prossimamente: … perché comunque i tuoi personaggi non ci lasciano, vuoi per le ambientazioni, o perché ci racconti che cosa è successo loro dopo, e in questo modo rimaniamo sempre legati ai tuoi personaggi precedenti. E’ un tuo vezzo, una tua caratteristica.

V.B.: E’ una mia necessità: devo sapere che stanno bene, devo sapere, per esempio, che i gemelli di Sassi stanno crescendo…; in questo libro ritroviamo Max che si occupa ancora di pro-bono, ci sono Bianca e Andrea che sono felici e sappiamo anche che Giacomo sta meglio…Insomma, io ho bisogno di sapere che stanno bene.

G.: Questo riguarda anche i protagonisti più deboli del tuo romanzo (deboli non da un punto di vista letterario, ovviamente, ma per la loro condizione sociale): ci sono i ragazzi, che hanno storie familiari e personali molto dolorose e vengono accolti in una Casa-famiglia tutta da fare, e poi gli anziani, che rischiano di essere sfrattati da imprenditori edili senza scrupoli. Raccontare con grande serietà, precisione e puntualità storie difficili come queste con grande leggerezza, secondo me, è una operazione difficile: non farsi prendere la mano dal sentimentalismo, intendo, pur raccontando di sentimenti, non essere favolistici, ma nemmeno pessimisti… E’ la tua visione della vita che si traspone in letteratura, o fai un po’ di fatica anche tu?

V.B.: E’ sicuramente la mia visione della vita: non potrei fare altro. Si raccontano situazioni tragiche, ma di queste situazioni io racconto solo la speranza. I ragazzi della Casa-famiglia hanno un passato pesante di cui, dice Luca, non si vuole occupare perché per questi ragazzi lui è la porta verso il futuro. Quello che conta per lui è il qui e ora ed è lo stesso per me, anche se penso agli anziani. Io racconto il momento in cui inizia la speranza, in cui tutto si tinge di possibilità e “possiamo uscirne “. Questo mi piace raccontare: mi piace raccontare la possibilità di “potercela fare”. E’, più che ottimismo, vera e propria speranza.

G.: Beh, una bella filosofia di vita, specie di questi tempi: hai scritto il libro durante il lockdown? Come è stato scriverlo?

V.B.: Ho consegnato il libro ai primi di giugno (2020: n.d.r.) e quindi è stata proprio una corsa pubblicarlo: avrei dovuto consegnarlo ad aprile, ma sono arrivata in ritardo proprio perché il lockdown mi ha rallentato moltissimo. L’angoscia del momento non mi permetteva di scrivere con la serenità che questo tipo di libro impone, cioè con la “speranza”. Tutte le volte che mi è successo di scrivere un capitolo in un momento difficile, l’editor se ne è accorto e mi ha detto: “Questo è l’effetto di un momento in cui non eri serena”. Per scrivere di serenità bisogna essere sereni: non ci si nasconde, nel libro, non si mente, quindi non è stato assolutamente facile, ho dovuto trovare un mio equilibrio. Io abito in una piccola cittadina e quindi mi sono da subito sentita “stretta”, “chiusa”: no, non è stato facile.

G.: Una cosa che mi è molto piaciuta è che tu abbia scelto una scuola professionale come luogo di crescita di questi ragazzi, perché, fra le tante sciocche ipocrisie della nostra società, c’è la sciocca convinzione che queste scuole siano una “seconda scelta”, ma non è così!

V.B.: Assolutamente no! E’ una scuola meravigliosa, io mi sarei “inchiodata” lì! Anche Caterina, che in Calabria insegnava greco e latino, all’inizio pensa di trovarsi in luogo non adatto a lei, e invece non sarà così, scoprirà “cose”… Sì, sono d’accordo con te. Quando i miei figli hanno dovuto scegliere la scuola superiore si è pensato subito ai licei, non ad una scuola tecnica; il mio figlio maggiore, che è ingegnere, me lo rinfaccia ancora oggi, dicendo che lui sarebbe stato più adatto per un istituto tecnico. Questa cosa insomma è da rivedere, è decisamente da rivedere.

G.: A questo punto posso solo ringraziarti ancora, e ancora, e ancora, anche perché la lettura di queste tue pagine in momenti non facilissimi mi ha fatto star bene: credo che questa capacità sia un grande dono che hanno gli Artisti, perché gli Artisti devono diffondere Bellezza, che non è superficialità, non è estetica fine a se stessa (perché non c’è bellezza se non c’è contenuto). Si può decidere di raccontare un giallo, un noir, e così via, però sempre deve esserci la voglia di condivisione: in te questa voglia è assolutamente palese. Spero di ritrovarti al più presto: sono curiosa di sapere dove ci porterai dopo il lago di Garda, che mi sta nel cuore, perché tu ci porti solo in luoghi bellissimi!

V.B.: Il prossimo romanzo- te lo posso già anticipare – sarà ambientato a Venezia.  

G.: E allora lì ci ritroveremo!

About Giancarla Paladini

2 thoughts on ““Quello che ancora non sai di me”:chiacchierata con Virginia Bramati

  1. Grazie adoro Virginia l’ho conosciuta anni fa a Cremona per la presentazione di un suo libro . Amo i suoi libri anche se ammetto di essere rimasta indietro ma prometto di rimettermi in pari. Grazie per questa bellissima intervista

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