Sanremo2020
“Here we are”: la 70° edizione del Festival di Sanremo è terminata.
Il vincitore è meritatamente Diodato, la RAI gongola per lo share molto alto e i milioni incassati, Amadeus e Fiorello sono stati invitati a condurre anche la prossima edizione della kermesse.
Tutto bene, quindi, tutti soddisfatti?
Scusate se la mia è una voce fuori dal coro, scusate se non mi unirò ai peana dei più, ma a me questo Festival non è piaciuto e sto per spiegarvi il perché.
Prima, però, corre l’obbligo di ringraziare chi ha avuto la gentilezza di farmi compagnia nel corso delle serate festivaliere, scambiando le sue opinioni nella chat di fb: anche quest’anno siete stati in tanti e molti di voi, anzi, hanno commentato i miei post non solo sulla mia bacheca pubblica, ma anche in privato, cercando il mio parere, scherzando o parlando di cose molto serie. Insomma, vi siete divertiti con me ed io con voi.
Come ogni anno, comunque, avviso preventivamente che, anche se non commenterò tutto e tutti (sarebbe demenziale) il mio “pezzo” su Sanremo sarà lunghetto, e anche parecchio: decidete ora se vi va di leggerlo.
Ciò premesso, veniamo finalmente all’argomento.
Da sempre, il Festival è stato per me importante: da bambina lo seguivo memorizzando velocemente tutte le canzoni anche grazie ai libretti delle “Messaggerie Musicali” venduti in edicola. Del resto, non era difficile amare sin da subito canzoni come “Nessuno mi può giudicare”, “La musica è finita”, e, soprattutto, gioielli come ‘Un’avventura” e “4 marzo 1943”. Più adulta e già del mestiere, nella sera della finale organizzavo per i miei amici veri e propri “pic-nic” davanti al televisore: in quel caso il gioco era scoprire le somiglianze fra una canzone esordiente e una già conosciuta. Ma si trattava di giochi innocenti, mai maliziosi: come dice lo slogan di baudiana memoria, Sanremo è Sanremo e, parlando della sua rinascita grazie a Pippo Baudo (che lo ha letteralmente resuscitato), semmai mi dispiaceva che la lunghezza dello show mi impedisse di seguire anche il DopoFestival (altra invenzione di Super Pippo).
Insomma, non sono di quelli che per darsi arie da intellettuale sparano a zero sul Festival, però quest’anno non mi è piaciuto perché è stato noioso e del tutto irrispettoso: e mi spiego.
Lo show: troppo lungo. E’ del tutto inammissibile che una “serata” cominci alle ventuno e finisca alle due passate del giorno successivo per cinque giorni di seguito, per di più con una scaletta male assortita, sovrabbondanza di “co-conduttori” e ospiti, per tacere del livello super-modesto dei testi dei “siparietti”: anzi, a questo proposito invito tutti ad elevare una prece alla memoria degli Autori televisivi, specie definitivamente estinta.
E comunque, se proprio si deve occupare uno spazio televisivo così abnorme, io una piccolissima idea ce l’avrei: perché non cominciare prima, abolendo l’inutile e – immagino – costosa anteprima? Perché non cominciare alle 20.30, inserendo magari già qualche ospite di reale prestigio per farne godere al pubblico e trainare l’ascolto? Anche gli incassi pubblicitari lieviterebbero, con soddisfazione di tutti.
Spiace parlare sempre degli stessi, ma non si può dimenticare che quando Pippo Baudo sforava gli orari veniva massacrato dai detrattori: che cosa giustifica il più che modesto Festival di Amadeus a fare esibire i cantanti in gara in orari in cui la gente normale, che paga il canone e ha il diritto di vedersi per intero lo spettacolo, va giustamente a dormire?
L’alternativa è togliere ciò che di sovrabbondante e inutile è stato messo in questo Festival del “troppo”. La logica vorrebbe che diminuissero i momenti di spettacolo a favore della musica e invece che cosa anticipa Amadeus, già con Fiorello riconfermato per l’anno prossimo (la questione nel momento in cui scrivo non è ufficializzata, ma sembra oramai certa)?
Diminuire le canzoni.
Ora: sappiamo molto bene che il Festival è da anni un evento televisivo, ma penalizzare la musica, che ne è anima e ragion d’essere, è inconcepibile; é una ulteriore dimostrazione di mancanza di rispetto per la manifestazione che, salvo soprese, continuerà tuttavia a definirsi “Festival della canzone italiana”.
Già, le canzoni: ci sono “anche” le canzoni e la gara. A proposito di rispetto, sia pure sorvolando sulla qualità dei brani selezionati quest’anno, a loro volta nella gran parte modesti, è irrispettoso che un artista, che comunque si sta mettendo in gioco, non possa godere della opportuna visibilità, oltretutto per fare spazio a interventi banali.
E la qualità della musica? Ribadisco che, a mio modesto avviso, c’era molta “fuffa”.
Lo so, ogni anno ci sono misteri misteriosi sulla misteriosa presenza di certe canzoni e ogni volta ci si chiede: ma se queste selezionate erano le migliori, come saranno state quelle scartate? Ma, dicevo, certe cose non si capiscono. Per esempio, “Io sto con Paolo” è sicuramente migliore di altre, compresa quella di Tecla che pure tanto plauso ha ricevuto: eppure è stata eliminata.
Amadeus? Non ho arricciato il naso quando ho saputo della sua nomina a direttore artistico, confidando nella sua esperienza e nell’aplomb che ha sempre dimostrato in carriera. Poi, a mano a mano che uscivano le notizie sulle sue scelte, il dubbio mi assaliva. Quanto alla sua tanto osannata conduzione – ahimé – pure qui devo dichiarare che non mi è piaciuto: per esempio, ripetere come un mantra che lui, direttore artistico nientemeno che del Festival dei fiori, non sapeva mai che cosa Fiorello avrebbe detto o fatto non depone a favore della impostazione dello show. Non è accettabile che uno spettacolo riservi sorprese agli addetti ai lavori, men che meno il Festival: l’improvvisazione va lasciata alle emergenze e allora li sì che si vede e si misura il “mestiere”. E se invece era tutta scena, beh anche peggio: una presa in giro per il pubblico. Mi spiace per Amadeus, ma lo boccio come direttore artistico e come conduttore del Festival. Voglio solo concludere dicendo che in passato, e con una potente contro-programmazione che quest’anno non c’è stata, Sanremo ha fatto anche il 75 % di share.
Fiorello: che delusione… Ho sempre apprezzato il suo talento, la sua capacità di calamitare l’attenzione, la verve dissacratoria, la poliedricità artistica e ho sempre seguito con grande divertimento i suoi “one man show”, ma in questa occasione l’ho trovato ridondante, per nulla divertente e, a tratti, persino irritante e volgare. Non sono bacchettona, ma sinceramente per me il monologo “diuretico” con ammiccamento è stato anche noioso: in verità, non so se mi abbia più infastidito Fiorello o la costante sganasciata risata di Amadeus e del distinto pubblico, pagante e non, delle prime file. Insomma, chiamato a rianimare un Festival nato mortaccino, Fiorello (come ho già scritto nei miei post) l’ha fatto senza essere convinto lui per primo di riuscirci. La realtà è che quando, nell’ultima serata, Fiorello è comparso di meno, lo spettacolo è andato meglio e persino Amadeus ha riguadagnato un po’ di smalto.
I super ospiti: buona, in qualche caso anche ottima, la scelta, ma per lo più relegati in orari pessimi non hanno avuto il risalto che avrebbero meritato. Peccato: soldi sprecati, anche se a pagare Sanremo (è bene ricordarlo) non è la RAI ma sono i proventi della cospicua pubblicità. Anzi, a questo proposito, pare che alla fine la RAI, pagate le spese, chiuderà con un attivo di 13 milioni di euro. Ma lo spreco è spreco, specie se si pensa ai 140.000 euro che sarebbero stati corrisposti alla più che inutile Georgina Rodriguez: meglio sarebbe stato pagare adeguatamente i 32 professori dell’orchestra e i coristi, bravissimi e costretti a un tour de force massacrante per un compenso complessivo – secondo ADN Kronos – di 250.000 euro. Sono felice – e gliene rendo merito – che la Rodriguez, come Rula Jebreal, abbia devoluto il suo compenso in beneficenza, ma ha fatto la stessa cosa Tiziano Ferro, che pure allo spettacolo ha dato infinitamente di più di una balbettante presenza. E a proposito di questo, mi è invece piaciuta l’idea di un super ospite fisso: uno o due, di altissimo livello, e non di più. Sarebbe da pensarci.
E finalmente, i vincitori.
Chi mi ha seguito sa che ho sempre scommesso su Diodato, malgrado alcune innegabili incertezze vocali: la canzone è decisamente bella e certamente sarà di quelle che rimangono e che dimostrano che il genere “sanremese” può anche essere di qualità. Quanto a Gabbani e ai “Pinguini”, con tutta la simpatia, li ho messi in classifica senza apprezzarne particolarmente i brani in gara (specie quello dei “Pinguini”) solo perché i parziali lo suggerivano.
Per quanto riguarda i giovani, ho puntato da subito su Gassmann, ancora per alcuni versi un po’ immaturo ma promettente: anche Fasma, in realtà, mi ha convinto.
Peccato quella infelice trovatina dell’ultima ora di cambiare il regolamento: forse per stringere i tempi (e torniamo al discorso del rispetto verso la musica ed i cantanti), a Festival iniziato si è deciso che i due finalisti non avrebbero ricantato dal vivo la loro canzone, offrendone un “assaggio” registrato. Per dei giovani, quattro minuti di protagonismo in più sono importanti per farsi conoscere dal pubblico: toglierli è stato un controsenso. Per recuperare tempo si poteva fare altrimenti: e meglio, decisamente.
A Rita Pavone, coraggiosa ma con una canzone scarsa (amore di mamma: il brano è del figlio), avrei riservato il ruolo di ospite d’onore. E’ vero che le sue precedenti partecipazioni sanremesi sono state deludenti, ma è pur sempre un monumento della musica italiana anche a livello mondiale: vederla costretta nella gara con una canzone mediocre, dico la verità, mi ha stretto il cuore.
Tosca sublime, Irene Grandi fortissima, Levante accattivante e con un brano dagli arrangiamenti potenti (scusate le rime), Nigiotti dategli tempo.
Sugli scandali, veri o presunti, sorvolo: la musica è un’altra cosa.
Un solo accenno ad Achille Lauro: si è paragonato a San Francesco, David Bowie ed Elisabetta I.
Bene.
Primo: San Francesco si è spogliato, sì, ma delle sue ricchezze e per curare i lebbrosi e i miseri; lui, non mi pare.
Secondo: Elisabetta I era sì detta “La regina vergine”, ma solo perché non si è mai sposata; i suoi amori e le sue passioni, abbondantemente consumati, sono la storia. Niente verginità, dunque, … a meno che non fosse questo il messaggio (ma, nel caso, si spiegasse meglio, please: quelli come me sono troppo stupidi per capire)
Terzo: ho una domanda. Lauro, malamente camuffato da Bowie, si è forse candidato come concorrente del “Tale e quale show”? No, per sapere…
Invece sono stata felice di vedere, sia pure in veste di sua “spalla”, Annalisa, attualmente la più brava fra le giovani cantanti: ma perché non le danno una bella canzone? Ecco una che meriterebbe la vittoria.
Finito.
Questo è quello che penso del 70° Festival di Sanremo.
Bocciato, ma la storia, si sa, la fanno i vincitori, e l’azienda (e non solo quella, purtroppo) dice ovviamente che il Festival di Amadeus ha vinto: chiedete all’oste se il suo vino è buono…
L’anno prossimo si replica. Speriamo bene.
Vi lascio con una canzone che racconta di bella musica, di grandi autori, di straordinari interpreti, del Festival e anche di me, cui, con la vostra presenza, avete ancora una volta scaldato il cuore: “Se stasera sono qui”, scritta da Luigi Tenco per il Festival del 1967 e reinterpretata meravigliosamente da Mina.
Quando la trasgressione (e Mina è sempre stata trasgressivissima) è unita al talento, allora si parla di arte.
Ma Mina è un genio e come lei ne nasce una per secolo…
Ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=h3h86beG_fA
Grazie.
Giancarla Paladini
Giancarla daccordo quasi su tutto.
La musica deve tornare al centro, lo show ridursi e migliorare di qualità.
Infatti. E poi la musica, se di qualità, è già di per se stessa uno spettacolo: lo so, sembra pleonastico, ma a quanto pare non lo è.
Grazie, Carlo, per il tuo contributo.
Ciao Giancarla. Abbiamo lo stesso nome e quasi le stesse opinioni. Io avrei abolito il festival, così come lo conosciamo, già da parecchi anni. Assomiglia sempre di più ad un circo di periferia, dove sotto i lustrini c’è poca sostanza, e la musica italiana è ben altro. Altra sostanza, altri testi, altre voci. E credo che tu sia stata fin troppo benevola, nella tua critica. Io ho trovato insopportabili sia Amadeus che Fiorello, che sembravano usciti dal museo delle cere, e anche Tiziano Ferro, al di là dell’innegabile talento, mi è sembrato troppo piacione. Insomma, pubblicità tanta, per tutti, spontaneità zero. E , come ripeto, la musica italiana è ben altra cosa e da troppo tempo non calcare più il palcoscenico del Teatro Ariston.
Ciao,
Giancarla.
Ciao, omonima, e grazie del tuo contributo.
Hai ragione:la musica -non solo italiana, forse- è altra cosa e non ne faccio certamente una questione di gusto.
Vale sempre quel famoso detto secondo cui esistono solo due generi di musica: quella bella e quella brutta:a Sanremo, quest’anno, a mio avviso ha prevalso la seconda.
La soddisfazione manifestata dai vertici RAI per questa edizione non mi fa ben sperare per la prossima, purtroppo, ma spero di sbagliarmi. Del resto, se a caldo Amadues propone di accorciare i tempi togliendo canzoni…
Intanto, cerchiamo di fare ascoltare ai nostri ragazzi musica di qualità: i giovani sanno benissimo scegliere che cosa è meglio…purchè il meglio venga loro proposto.
Rispetto a Tiziano Ferro, che di persona non ho mai incontrato, posso però riferirti che chi lo conosce lo descrive esattamente così come lo abbiamo visto in queste sere: naif
Alla prossima!